di Giovanni Sofia

MESSINA. C’è qualcosa che non torna nei numeri sui ricoveri in terapia intensiva degli ultimi giorni. Il numero che cattura gli occhi riguarda le terapie intensive legate al Coronavirus. In Sicilia, a ieri, dovrebbero essere in tutto 68, ma il condizionale resta d’obbligo. Il dato, infatti, diramato alle 14 di ieri dalla Regione sarebbe in linea con quello pubblicato tre giorni fa, quando i pazienti più gravi ammontavano a 60. Un aumento fisiologico e, soprattutto, coerente con l’andazzo del periodo e il numero crescente, ma non esagerato, di positivi al Covid19.

A far saltare ogni calcolo e destrare preoccupazione, tuttavia, è stato il balzo anomalo registrato due giorni fa. Il 25 marzo il bollettino della protezione civile, alla voce terapia intensiva, registrava un preoccupante 80, con un incremento in sole 24 ore di ben venti pazienti costretti dalla polmonite all’intubazione. La forte oscillazione ha fatto immediatamente pensare a un drastico peggioramento, aggravato da un sistema sanitario che, sebbene difficilmente farà i conti con gli scenari del nord Italia, non si sa, a lungo termine, quanta pressione sarà in grado di reggere.

Al netto di un rientro delle cifre riscontrato ieri, le possibilità per giustificare l’anomalia sarebbero due: la prima, più drammatica, riguarda il numero dei morti. I deceduti, purtroppo, attraversano un lungo calvario che di frequente si traduce in intere settimane trascorse attaccate ai macchinari. Chi perde la sua battaglia, dunque, spesso libera un lettino, incidendo sul totale dei ricoveri. Per fortuna, pur doloroso, tuttavia, il bollettino delle vittime ci dice altro e il passaggio dalle 25 di due giorni fa al 33 di oggi, prevede una differenza di otto persone. Queste, inoltre, non è detto che al momento del decesso si trovassero tutte in rianimazione. Chi, al contrario, supera la fase critica, prima di essere dimesso deve scontare un necessario periodo di convalescenza. Non si passa, insomma, dalla terapia intensiva all’uscita immediata dalla struttura sanitaria. Stagliata una simile premessa, resta l’interrogativo che potrebbe trovare soluzione, nella seconda ipotesi, ossia il banale e classico errore di stampa: il dato di ieri, semplicemente, sarebbe sbagliato.

Non ci troveremmo di fronte a una novità: già negli ultimi giorni in Campania era accaduto lo stesso, con le terapie intensive schizzate da 110 a 181, tra il 23 e il 24 marzo, per poi tornare, 24 ore più tardi, a un sempre preoccupante, ma più ragionevole 123.

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