MESSINA. Erano 81. No, sessanta. Non esattamente, forse 50. Alla fine, una cifra che ha messo d’accordo la vecchia e la nuova gestione dell’Atm (ma anche la vecchia e la nuova amministrazione) c’è: l’Atm ha 32 milioni di deficit patrimoniale e 68 milioni di euro di debiti, ma crediti certi per 36 milioni e altri 22 “potenziali”. C’è voluto un anno e mezzo, ma alla fine ci si è arrivati. L’ha certificato Pietro Picciolo, uno dei commissari liquidatori dell’Atm, sommando “dare e avere”, e ridimensionando (di molto) quanto sempre sostenuto dal sindaco Cateno De Luca, e cioè che l’Atm avesse oltre 80 milioni di euro di debiti: tanti quanti ne sono stati “caricati” nel piano di riequilibrio.

“I 32 milioni di euro – ha spiegato Picciolo in una conferenza stampa, venerdi scorso – costituiscono il deficit patrimoniale cioè la somma algebrica del capitale di dotazione di 18 milioni ed i 51 milioni di euro relativi a perdite accumulate al 31 dicembre 2018, quindi 32 milioni è la differenza patrimoniale mentre i debiti dell’azienda al 31 dicembre 2018 ammontano a circa 68 milioni di euro”. Secondo Picciolo, il 2009 è stato l’ultimo anno in cui l’Atm ha avuto un patrimonio aziendale. “In quell’anno ha perso 18 milioni, da allora è negativo”

A riprova del fatto che la matematica può essere un’opinione, sulla cifra MessinAccomuna ha qualcosa (molto, in realtà) da obiettare. “L’esposizione debitoria dell’azienda era stata indicata (da De Luca, ndr) in 81 milioni. La delibera di liquidazione dell’azienda predisposta a novembre 2018, però, censiva debiti aziendali per complessivi 72,3 milioni, certificando che 42,9 milioni erano coperti da crediti “certi” registrati in bilancio. Il totale di debiti non coperti da crediti era dunque pari a 29 milioni. Dunque, capitale sociale netto negativo per 32 milioni ed esposizione debitoria non coperta per 29 milioni. Nel frattempo, tra il 2013 e il 2018 l’azienda definisce cinque bilanci in attivo su sei per la gestione corrente, senza considerare le entrate potenziali per la controversia con la Regione, chiuso in primo grado in favore di Atm”, scrivono dal laboratorio di partecipazione politica, che calcola in 22 milioni gli euro che via tribunale potrebbero arrivare dalla regione: “Oggi sono 9,8 milioni, cui aggiungere l’IVA su circa 5 milioni e gli interessi sull’intero valore). Inoltre la sentenza copre il periodo 2012-2016, lasciando fuori le annualità 2017, 2018, 2019, cui non può non applicarsi la rivalutazione del chilometraggio percorso”.

Anche sulla cifra da inserire nel piano di riequilibrio le opinioni sono molto diverse: secondo Picciolo è corretto quanto stanziato dall’amministrazione De Luca, quindi l’ottantina di milioni. Secondo MessiAccomuna, “proprio sulle perdite patrimoniali un anno fa l’amministrazione e l’attuale liquidatore (all’epoca revisore dei conti) affermò che il Comune avrebbe dovuto garantire più di quanto stanziato e, in particolare, 51 milioni. Oggi la stessa persona dichiara che il “deficit patrimoniale” al 2018 è di 32 milioni: esattamente l’importo inserito nel precedente piano di riequilibrio. Nel nuovo piano, però, viene stanziata per ATM la somma di 81 milioni: 50 di troppo“.

“Si comprende quindi che, con una accorta azione transattiva, (oltre che di una possibile ulteriore patrimonializzazione per immobili), l’azienda ha una prospettiva favorevole di riequilibrio strutturale sia sotto il profilo patrimoniale che per la gestione corrente – concludono da MessinAccomuna –  Si vuole liquidare ugualmente ATM? Scelta possibile, discutibile, sbagliata, ma sicuramente politica e non necessaria, della quale andrebbero dette alla città le reali motivazioni”.

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