C’era chi diceva che il grado di civiltà di un Paese si misura dalle sue prigioni: ecco, io vi dico che anche la spazzatura, che in omaggio alla sicilianità letteraria alla Camilleri chiameremo da ora munnizza, e il nostro approccio nei suoi confronti, sono rivelatori del nostro essere a livello socio-culturale.

Di fronte alla munnizza, e al nostro ancestrale problema con essa, con ciò che, letteralmente, rifiutiamo dopo averla prodotto, non ci sono vie di mezzo: o si continua a rifiutarne l’esistenza e trattarla come qualcosa che ormai non ci appartiene, e del cui destino non siamo più responsabili, o, al contrario, si prende coscienza che è comunque parte di noi, da noi creata, e che non può essere abbandonata a se stessa ma le si può dare, diciamo, una seconda possibilità o evitare comunque che faccia danni.

Facciamo un esempio del secondo caso.
Vivo in un paesino di 770 abitanti, Sessa, in Ticino. E prima che inizi il coro “non puoi fare paragoni con la Svizzera”, precisiamo: in paese per i rifiuti RSU (la munnizza vera, insomma, quella che fa puzza) ci sono cassonetti normali, uguali a molti in Italia, anzi pure vecchiotti, nulla di tecnologico o futuristico. Per vetro, bottiglie di plastica e alluminio ci sono i contenitori apposta, sono vasconi di metallo abbastanza grandi, nel parcheggio principale al centro del paese. La carta viene raccolta il primo lunedì del mese, altrimenti c’è l’ecocentro in condivisione col comune accanto, dove si può buttare sostanzialmente di tutto, dal ferro agli elettrodomestici, nei vasconi appositi, il personale è disponibilissimo a indicare dove buttare cosa. E attenzione: ci si va solo se residenti in uno dei due Comuni, in alcuni ecocentri c’è proprio una tessera, e senza quella non si butta niente.

A Sessa il servizio raccolta rifiuti è comunale, finanziato tramite due fonti di entrata: la tassa sui rifiuti di base, che copre esattamente i costi di gestione, e, dal 1 Febbraio, dalla tassa sul sacco, già in uso in altri Comuni e ora estesa a tutto il Canton Ticino, che consiste nell’acquistare i sacchi ufficiali del comune e usare SOLO quelli. Un rotolo da 10 sacchi da 35 lt costa 11 franchi, circa 9 euro: è tanto, si, ed è questo il motivo per cui si cerca di differenziare il più possibile per usare meno sacchi.

Siccome le entrate non sono enormi, in inverno la spazzatura viene raccolta solo un giorno, il venerdì mattina.
E ora voi direte: chissà che puzza e che schifo ci sarà! E invece.. no. Per un motivo semplice, anzi due.

1) La spazzatura può essere buttata solo dal mercoledì al venerdì mattina entro le 9, proprio per evitare l’accumulo intorno ai cassonetti.
2) Le persone LO FANNO. Sì, si tengono la spazzatura in casa, o in giardino, dove gli pare, ma non la buttano (ok qualcuno magari sgarra ma non si vede..). Io il mio sacco me lo tengo a casa, o al limite in cantina, chi ha un giardino è più fortunato, altrimenti nulla, te la tieni. Basta organizzarsi: se voglio mangiare pesce, per dire, non lo faccio il venerdì (ci perdonerà Santa Romana Chiesa), perché poi lo scarto mi resta fino a mercoledì.

Appena trasferiti qui ci è stato consegnato in Comune IL REGOLAMENTO DEI RIFIUTI! C’è scritto proprio tutto, cosa puoi buttare, quando e dove (e anche il come, a volte). È là, è scritto, non puoi sbagliare. E se sbagli, due le cose: o sei cretino e non capisci quello che leggi, o lo fai apposta, e sei un incivile, perché quello che lasci là lo lasci a tutti.

Perché la munnizza è una cosa seria, signori. È qualcosa con cui bisogna confrontarsi, sempre. Fa parte di noi, è stata parte di noi, viene da noi, e non possiamo fare finta che sia qualcosa che non ci appartiene più e che possiamo abbandonarla al suo destino, ovunque, sperando (quando abbiamo almeno la decenza di farlo) che se ne occupi qualcuno al posto nostro e dando la colpa a qualcuno se poi sotto casa ci sono i topi e i cinghiali o topi grandi come cinghiali.

Possiamo fare tutta la differenziata che vogliamo, porta a porta, ATO 2,3, 5, 10, 92, Messinambiente Messinapulita MessinaMunnizzaFree, possiamo dare la colpa ai mezzi rotti e licenziare qualcuno, ma non abbiamo risolto IL problema. È un problema di cultura civica, il non riuscire ad assimilare l’idea che non è vero che “emmbbonu va non ci fa nnenti”, che “tanto mettono tutto insieme quindi non differenzio”. È il non capire che quello che stai buttando nella ciumara te lo stai infilando dentro, perché la ciumara non è un iperspazio blindato e asettico, ritorna tutto, come quando dai fuoco al cassonetto, e ti respiri cancro vaporizzato, perché sei “sperto”.

Perché l’acqua che bevi o che usi per innaffiare può arrivare da quella falda che sta sotto la lavatrice che hai lasciato là col suo carico di roba chimica, che poi ti bevi, amico mio. Sta qua, IL problema, capire che che di fronte alla munnizza abbiamo, parola grossa, una responsabilità: perché, che ci faccia schifo o meno, viene da noi, l’abbiamo prodotta noi, e tocca a noi in prima persona occuparcene e fare in modo che altri non debbano subire danni per quello che NOI abbiamo fatto.

Perché le persone non sono diverse in Svizzera, in Germania o a Messina: abbiamo sempre due braccia, due gambe e una testa. E quest’ultima, basta saperla usare.

 

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