MESSINA. E’ nata da meno di un anno, ma a Messina Social City, la partecipata creata dal sindaco Cateno De Luca per occuparsi di servizi sociali al posto del sistema che faceva affidamento alle coop, già si parla di licenziamenti.

“Per il periodo 2020 e 2021 si sono previsti licenziamenti che garantiscono un risparmio che si aggira sul 3% del costo totale“, si legge nella nota integrativa al budget economico per il triennio 2019-2021, firmata dal presidente Enrico Bivona, alla voce “spese per il personale”: i ben 626 dipendenti passati alla partecipata per transito diretto dalle coop, senza alcuna selezione pubblica.

Due righe, senza ulteriori spiegazioni, che non chiariscono se si tratti di un esubero di personale, o di pensionamenti o di “migrazioni” verso altre partecipate o dipartimenti del Comune. L’unica spiegazione, parziale, giunge dal Piano di programma del triennio 2019-2021 (anch’esso a firma Bivona), in cui si legge che “vengono definiti gli obiettivi di ogni servizio e le conseguenti previsioni economiche, viene verificato il risultato atteso nonché valutato quanto il sistema aziendale nel suo insieme possa accollarsi, grazie alla ulteriore ottimizzazione delle risorse impiegate, e alla riduzione di alcuni costi“. A meno che, per “licenziamenti”, non si intendesse quello del direttore generale Vincenzo Romano, in forte rotta con l’amministrazione, che però si è dimesso qualche giorno fa. I 66mila euro della retribuzione della figura dirigenziale, però, sono presenti anche negli anni 2020 e 2021.

Unico indizio, un paragrafo successivo della nota integrativa, che spiega che “Per gli anni in esame sono stati imputati i ricavi ed i costi previsti prevedendo un piano di pensionamento che crea un sensibile calo del costo della retribuzione ben evidenziato nel bilancio di previsione“. Sensibile calo del quale non v’è però evidenza nelle carte.

Anche del 3% di risparmio sui costi non c’è alcuna traccia in nessun altro dei documenti. Di certo non nella stessa nota, che per gli anni 2020 e 2021, in cui teoricamente dovrebbero avvenire i licenziamenti o i pensionamenti, indica , come spese per il personale, l’identica somma di 10.977.796,53 euro all’anno per il biennio, addirittura superiore a quella del 2019 (in cui però non vanno conteggiati i primi due mesi perchè l’azienda non era ancora operativa), anno in cui per il personale si è speso 9.296.000,95 euro.

 

Non solo per quanto riguarda il personale, ma anche per gli investimenti i documenti si contraddicono: nel Piano di programma del triennio 2019-2021 si legge chiaramente che “per il triennio in esame non sono previsti investimenti particolari se non legati alle manutenzioni ordinarie, che, sulla base anche dei contratti di servizio ricadono in capo all’Azienda”.

Totalmente opposta la previsione della nota integrativa al budget economico per il triennio 2019-2021, secondo cui invece gli investimenti avverranno “con capitale proprio derivante dal risparmio che l’azienda prevede di ottenere dal minor costo di alcuni voci di bilancio tra cui la più consistente è rappresentata dalle retribuzioni”. Tornano, quindi, i licenziamenti ed i conseguenti tagli alle spese per i dipendenti, dei quali però non c’è riscontro nei numeri dei previsionali 2020 e 2021.

Per investimenti, la nota parla di “individuare le agevolazioni e i finanziamenti da sfruttare per l’acquisto o la realizzazione di immobilizzazioni. Per gli anni 2019, 2020 e 2021 l’azienda non ha previsto il ricorso a forme di incentivazioni e di agevolazioni previste dalla normativa, ma l’acquisto delle immobilizzazione”.

 

 

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