MESSINA. Tentato omicidio aggravato dal metodo mafioso, porto e detenzione di armi comuni da sparo, rapina aggravata in concorso e trasferimento fraudolento di valori. Sono i reati di cui sono ritenuti responsabili il 39enne Giuseppe Cutè e il 22enne Paolo Gatto, figlio del boss cittadino “Puccio” (attualmente al 41 Bis), arrestati questa mattina e accusati del ferimento del 64enne Francesco Cuscinà, uscito dal carcere nel 2017 dopo aver scontato 25 anni di carcere. Il fatto di sangue è avvenuto il 25 agosto del 2018, sul Viale Giostra. Curiosamente, a un anno di distanza, la vittima e uno dei suoi carnefici sono stati immortalati lo scorso 15 agosto uno al fianco dell’altro, intenti a tirare la Vara.

Secondo le ricostruzioni dei Carabinieri del Comando provinciale di Messina, i due avrebbero colpito l’uomo con uno o più colpi di arma da fuoco, ferendolo alla testa, all’addome e al braccio, con l’aggravante di aver commesso il fatto con “premeditazione e modalità mafiose”. Il movente è riconducibile ad un contrasto interno alla consorteria mafiosa di Giostra.

L’agguato armato è avvenuto in pieno giorno, intorno alle 8:45, quando i due, a bordo di un motociclo, hanno raggiunto la vittima, che si trovava in sosta sul proprio mezzo a due ruote. Cutè e Gatto hanno quindi esploso alcuni colpi, con lo scopo di ucciderlo, ma non sono riusciti a portare a termine il loro intento per colpa della pistola, che si è inceppata. Scesi dal motociclico, prima di darsi alla fuga i due hanno dunque ingaggiato una colluttazione con la vittima, che si è recata prima presso il punto di emergenza di Messina nord (ex Mandalari) e poi al Piemonte. Interrogato dai Carabinieri poco dopo, Cuscinà ha mostrato un comportamento non collaborativo, fornendo una visione dei fatti del tutto discordante rispetto a quanto riscontrato dagli agenti, in merito al luogo, ai vestiti indossati e ai suoi attentatori (tentò di dare la colpa a presunti stranieri). 

Nonostante la reticenza dell’uomo, i carabinieri sono riusciti a ricostruire l’accaduto grazie all’ausilio delle telecamere e alle dichiarazioni di un collaboratore di Giustizia, Giuseppe Minardi.

Dall’inchiesta sono emerse inoltre ulteriori responsabilità dei due arrestati anche in relazione ad altri reati. È stata documentata infatti l’attribuzione fittizia ad una prestanome (una 20enne incensurata) della titolarità di un negozio di scommesse sportive a Villa Lina, di fatto di proprietà e gestito da Cutè, con l’obiettivo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.

Paolo Gatto, invece, è stato individuato come responsabile di una rapina a mano armata in un distributore di benzina sul Viale Giostra, risalente a gennaio 2019. Sotto la minaccia di un coltello puntato alla gola e al ventre dell’addetto, un uomo di nazionalità srilankese, il 22enne si era fatto consegnare l’importo di 500 euro. Una circostanza che ha creato anche delle tensioni “familiari”: in un’intercettazione telefonica, la madre del giovane, infatti, dimostra totale disapprovazione e preoccupazione per il comportamento del figlio, non solo in ragione dell’episodio criminoso, visto come un elemento di “rottura” nel precario rapporto fra clan, ma soprattutto perché il distributore preso di mira, gestito da uno straniero, è di proprietà di una famiglia amica dei Gatto.

 

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