MESSINA. Otto milioni di canoni accertati, e 5 milioni e 220mila euro riscossi: il 64%. E’ uno dei numeri che l’Iacp, istituto autonomo case popolari di Messina, riporta nella nota integrativa al bilancio triennale 2018/2020 nella posta relativa al canone di locazione alloggi in proprietà, “il capitolo per il quale la gestione in termini di cassa evidenzia il ripetersi di problemi connessi alla morosità“, come si legge nella nota. Vuol dire, in parole povere, che nel 2015, il 35% degli inquilini delle case popolari non ha pagato il canone. Più di uno su tre.

Un numero che negli anni è stato altalenante, e che secondo la nota si attesta, in sei anni su una media dell’88%, frutto di qualche “impennata, tipo nel 2012, quando si incassò il 144% dell’accertato (la media è intorno al 75%) ma che è comunque allarmante e non illustra bene il problema: perchè solo tre anni fa, nell’esercizio 2015, si parlava di residui attivi per quasi 35 milioni. ”Essi sono prevalentemente costituiti da canoni di locazione la cui riscossione non si è ancora manifestata a causa dell’elevata morosità degli inquilini”, si legge nella nota integrativa al rendiconto 2014.

Un problema del quale Arisme, l’agenzia di risanamento messinese, dovrà per forza di cose tenere conto, visto che erediterà competenze, partimonio immobiliare e anche inquilini dell’Istituto autonomo cade popolari.

E infatti, tra gli obiettivi strategici dell’Iacp per il triennio 2018/2020, c’è quello di “recuperare la morosità, mediante attività amministrativa prima di procedere ad azione legale e alla proposta di revoca dell’assegnazione per inadempimento contrattuale“. Un problema parecchio sentito, quello degli inquilini che non pagano il canone (non elevato), visto che nella relazione sulla performance 2016 si indicava molto chiaramente che ”risulta attenzionata la questione del recupero della morosità, attuatasi mediante una serie di azioni quali diffide di pagamento inviate agli assegnatari morosi gli alloggi di edilizia residenziale pubblica con interruzione dei termini prescrizionali, e intervento dell’ufficio legale dell’ente per il recupero giudiziale delle somme degli immobili”. Cosa ha fruttato l’attività? Un incasso da settantamila euro derivante da 224 procedure di rateizzazione.

Ma l’Iacp gestisce anche immobili che non sono destinati all’edilizia residenziale pubblica: sono le “botteghe”, locali commerciali la cui sorte non è molto diversa dagli appartamenti: nel 2016, infatti, le procedure di conciliazione per gli affittuari morosi hanno fruttato centomila euro tondi. Per ottenerli, ci sono voluti quaranta legali di fiducia.

L’Iacp di Messina possiede e gestisce, in tutta la provincia, 6916 immobili (quattromila dei quali in città), dei quali 6578 locati e 338 sfitti (più circa 450 alloggi di proprietà regionale). Da questi, l’istituto dovrebbe incassare otto milioni e 850mila euro di canoni. E invece non ci riesce. Ma nemmeno lontanamente. Nella gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica sono ricompresi gli alloggi di proprietà regionale, e quelli di proprietà del Comune di Messina, costruiti con i proventi della legge regionale 10 del 1990, l’ormai “leggendaria” legge che avrebbe dovuto sbaraccare Messina e che invece dopo quasi trent’anni è ferma al palo.

Un dettaglio è importante: il notevole importo della morosità esposto in bilancio è in gran parte dovuto alla mancata presentazione dei redditi del nucleo familiare da parte degli assegnatari, a cui per questo motivo vengono addebitati canoni alla massima fascia. “Il nuovo regolamento predisposto dall’Assessorato Regionale consentirà, nel triennio 2018/2020 di implementare il recupero delle somme pregresse con l’attività finalizzata alla individuazione del nucleo familiare presente nell’alloggio al fine di rendere efficace l’azione di recupero anche mediante cartelle esattoriali”, si legge tra gli allegati al bilancio del 2018.

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