MESSINA. Nel corso degli ultimi mesi la questione del ponte ha rianimato il dibattito politico. Il giorno dopo la riunione dell’assemblea dei “no ponte” che si è ricostituita proprio per far sentire la voce di opposizione anche al gruppo dell’Ars di dodici deputati regionali (fra cui i messinesi Pino Galluzzo, Elvira Amata Amata, Antonio Catalfamo, Luigi Genovese e Franco De Domenico) con l’obiettivo di svolgere “attività tese a creare le condizioni di continuità territoriale attraverso il collegamento della Sicilia alla terraferma mediante il Ponte sullo stretto”. Oggi Ferdinando Rizzo,  sostenitore con Rete Civica per le Infrastrutture al Sud della battaglia in favore del ponte, risponde ai fautori del “no”.

«Leggo, tra stupore e ilarità, della manifestazione No Ponte organizzata dai soliti corresponsabili del disastro economico di Messina e della Sicilia. Nonché della dichiarazioni degli on.li Valentina Zafarana e Antonio De Luca del M5S che si vantano dello stanziamento di 31 milioni per la continuità territoriale e di 300 milioni delle strade provinciali sconnesse. E le solite argomentazioni che il Ponte non serve alla Sicilia: anche il ponte è un’opera di prossimità di appena 3 km che unirebbe la Sicilia al continente europeo. Oggi il tempo di percorrenza dello Stretto in treno, per appena 3 km è lo stesso necessario a un Frecciarossa 1000 per percorrere i 380 km da Roma a Bologna: 2h e 5 m».

«Nel mondo globalizzato non contano le distanze ma i tempi di percorrenza. A parte la solita confusione tra nuove ed evolute infrastrutture e la manutenzione ordinaria dell’esistente, occorre ricordare come sino al 2006 Messina contava circa 250.000 abitanti. In quegli anni, il “no pontismo” ideologico, piegato agli interessi di gruppi locali, ha favorito le lobby finanziarie del Nord Italia rappresentati da Mario Monti, il quale interruppe un contratto di appalto in essere, per finanziare con il miliardo di euro del Ponte, la TAV Genova Milano, cancellando dalla geografia infrastrutturale tutto il SUD sotto Salerno».

«Senza ponte la Sicilia veniva emarginata, strutturalmente desertificata, isola resa “isolata” in mezzo al Mediterraneo: cancellata dalla Rete Centrale Europea e dalla linea ad alta velocità il cd. corridoio 1, Berlino Palermo. E Messina è ancora più segregata senza aeroporto, senza ferrovie e senza collegamenti autostradali. Tre miseri km. di Stretto – a fronte dei 56 km di un ponte costruito in Cina o dei 16 km del ponte – tunnel Oresund che ha unito la Svezia a Copenaghen rappresentano – la diga che ci separa dallo sviluppo. Nessuna industria investe da anni in Sicilia, le imprese cessano o si trasferiscono e la nostra regione si spopola di 20.000 abitanti l’anno».

«Chiedere le opere di prossimità infraregionali come fanno i “No Ponte” invece che i collegamenti alle reti centrali, è sinonimo di ignoranza tecnica e geopolitica, di sconoscenza degli interessi in gioco sulle grandi reti infrastrutturali come la cd. “Via della Seta”, che collega la Cina al centro dell’Europa, passando dalla Russia o dalla Turchia, o con il mar Mediterraneo da Suez e su cui tutti gli stati avanzati puntano a connettersi per non restarne esclusi. Se oggi Messina è ridotta a circa 231.000 abitanti e la Sicilia a poco più di 5 milioni di residenti, e i nostri giovani fuggono già al momento della scelta universitaria, non riconoscendo più a questa città e alla regione alcun futuro, si deve a quelli che Lenin definiva “utili idioti” che, in nome di una tutela ambientale senza fondamento alcuno, sono stati utilizzati e manipolati dagli interessi del Nord, per escludere la Sicilia dallo sviluppo e favorire i porti di Genova, Savona, La Spezia, Trieste e Venezia, oltre agli interessi degli armatori locali».

«Senza il ponte, l’alta capacità si ferma a Salerno e persino Gioia Tauro è oramai diventato un porto inutile: senza ferrovie ad AC collegate resta uno scalo “Transhipment” e non “Hub”, che in 10 anni ha perso quasi 2 milioni di container su 4 milioni in origine movimentati.Di tutto questo i No Ponte storici, gli obsoleti “accorintiani” o i nuovi deputati del M5S formatisi in quel periodo, che definivano la Sicilia, con orgoglio, “cosca mafiosa”, non sanno nulla e sono disinteressati all’approfondimento, parlando di analisi costi benefici farlocche che tengono conto solo del traffico gommato e di valutazioni microeconomiche, senza considerare le grandi trasformazioni legate a un’isola che diverrebbe centro logistico del Mediterraneo grazie alle ferrovie a lunga percorrenza, capaci di intercettare milioni di container per un business da 500 miliardi di euro solo per i dazi doganali e le tasse portuali e centinaia di migliaia di posti di lavoro, oltre che dopo la costruzione del Ponte, grande attrazione turistica, come ovunque nel mondo».

«Basta citare l’Oresund: ultimato nel 2000 per unire Svezia e Danimarca con un traffico stimato in 4.000 pezzi al giorno per appena 1.600.000 mezzi annui, dopo 18 anni movimenta 7,5 milioni di mezzi e ben 20.000 al giorno. E ha creato una nuova regione con due lingue diverse e lo sviluppo di ben 3 Università e del più grande polo di microprocessori nella regione più lontana d’Europa. Rattrista vedere meridionali compiacersi di appartenere a un sud isolato, arretrato e segregato, con una Sicilia all’ultimo posto in Europa per numero di occupati su 243 regioni europee. Noi rivoluzionari e progressisti, loro conservatori di miseria».

 

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Mimmo
Mimmo
21 Febbraio 2019 21:57

L’infrastrutturazione è indispensabile allo sviluppo dei territori. Non capirlo significa essre fuori dal tempo e staccati dalla realtà.