ROMA. Fra i nomi degli indagati per il caso Cucchi anche il colonnello Lorenzo Sabatino all’epoca dei fatti capo del nucleo operativo di Roma, e oggi comandante provinciale dei carabinieri di Messina.  Interrogato dal pm Giovanni Musarò mercoledì pomeriggio, contestandogli il reato di favoreggiamento per l’attività di occultamento e manipolazione delle prove condotta nel novembre 2015. Una attività, quella compiuta dal colonnello Sabanti, che avrebbe dovuto far deragliare anche l’inchiesta bis dalla Procura sull’omicidio (quella per cui si sta celebrando il processo ai tre carabinieri responsabili del pestaggio di Stefano).

Il nome di Stefano Cucchi fu ‘sbianchettato’ dal registro del fotosegnalamento conservato nella caserma dei carabinieri dove il giovane fu portato dopo il suo arresto per droga nell’ottobre 2009 e fu sostituito con il nome di un altro arrestato. Così il maggiore Pantaleone Grimaldi, sentito oggi davanti alla Corte d’assise, nel processo che, per la morte di Cucchi, vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale. Il maggiore ha confermato la circostanza già fatta emergere da altri testimoni nel corso del processo.

«Nel novembre 2015 – ha detto Grimaldi – mi contattò il Comandante del Reparto operativo, colonnello Lorenzo Sabatino, dicendomi di rimanere in ufficio perché sarebbe arrivato il capitano Testarmata per acquisire documenti sulla vicenda Cucchi». La richiesta fu quella di visionare una serie di atti contenuti nel fascicolo che era chiuso a chiave in un armadio.

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