MESSINA. Si chiamava Giovanni Irrera, era un messinese e viveva ad Acquasparta, in provincia di Terni. Era morto da due mesi ed è stato  ritrovato in stato di decomposizione nella sua abitazione in Umbria. La storia ha colpito la comunità parrocchiale del paesino, al punto che il parroco don Alessandro ha deciso di intitolare la sede Caritas alla memoria di Giovanni Irrera, postando un lungo pensiero sulla pagina Facebook “CARITAS Giovanni Irrera Acquasparta“.

“Giovanni Irrera era non era nessuno. Come tale è morto. Quando? Non lo sappiamo. È stato trovato morto in casa sua ieri, sabato 26 gennaio 2019, probabilmente è deceduto, stante le condizioni al suo corpo, da più di un mese – scrive il prete – Abitava ad Acquasparta, davanti alla nostra chiesa, pochi metri più in là del Municipio. Nessuno lo ha cercato, nessuno si è preoccupato di lui. Era in vita solo per il fatto di essere nato. Veniva alla Caritas a chiedere un po’ di aiuto – continua il pensiero – sappiamo che aveva una sorella, ma che è morta, andava su e giù per il corso con quel suo giacchettone di pile e il berretto di lana, la barba non curata, il passo stanco, lo sguardo di chi non ha grandi motivi per vivere. Disse a qualcuno che si sarebbe trasferito altrove per cercare un lavoro che gli permettesse di arrotondare la misera pensione di 300 euro con la quale doveva pagare l’affitto e provvedere a se stesso. I pochi che lo conoscevano pensando che effettivamente si fosse trasferito: andato via in silenzio così come in silenzio era venuto ad Acquasparta. Invece probabilmente da prima di Natale il suo corpo abbandonato sul letto è restato ad Acquasparta mentre la sua anima è stata portata o gli angeli in cielo come quella del povero Lazzaro del Vangelo”.

“Nessuno conosceva la sua vita e la sua storia – ammette il religioso – ma, per quanto pessima possa essere stata, lui come altro uomo sulla terra non merita una morte così. Nessuno gli era vicino quando si è sentito male, nessuno gli ha preso la mano, nessuno gli ha sussurrato quelle parole che solo gli ultimi istanti dell’esistenza sia il coraggio di pronunciare, nessuno lo ha incoraggiato dicendogli che, se almeno il suo essere sulla terra poteva essere stato tutto un fallimento, almeno il suo entrare in cielo sarebbe stato un trionfo. Nessuno ha pianto per lui. E nessuno ha pregato“, accusa don Alessandro.

“Vorrei chiedere innanzitutto perdono a Giovanni a nome di tutti. A nome di quelli che non vanno mai salutato. A nome di quelli che hanno pensato male di lui, a nome di chi non gli ha dato mai delle opportunità, a nome di chi aveva il dovere, come familiare o conoscente, di fargli almeno una telefonata a Natale. Io credo che sia morto la notte di Natale, non ho nessuna prova ma le persone importanti agli occhi di Dio nascono e muoiono i giorni importanti“, è il toccante messaggio del parroco.

“Vorrei che la comunità conoscesse la sua non storia – continua – e vorrei che tutti fossimo più attenti al nostro prossimo. A Giovanni Irrera ho deciso, e non mi interessa se ci saranno pareri contrari, che sarà intitolata la nuova sede della Caritas al termine dei lavori presso il nuovo oratorio. Vorrei che il giorno del suo funerale ci fosse tutta la comunità, non quella delle grandi occasioni ma quella degli uomini di buona volontà che desiderano e si impegnano affinché almeno alla nostra parrocchia nessuno moglie più solo”, ha concluso don Alessandro.

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