Gli scantinati

A metà tra una segreta ottocentesca ed il reparto di psichiatria di un manicomio criminale: l’impressione che fanno gli scantinati di Palazzo Zanca, fortunatamente inaccessibili ai più, è questa. Descrizione non troppo distante dalla realtà.

E da girone dantesco è anche la destinazione dei cantinati: archivi, documenti alla rinfusa, fogli forse importanti forse no sparpagliati per terra, sporcizia che risale al secolo scorso (il diciannovesimo, non il ventesimo). Pare un’area abbandonata in fretta e furia dopo una catastrofe. Forse lo è. Abbandonata.

Ad aumentare il senso di disagio e di inquietudine tramano anche i particolari: finestre murate e porte chiuse con catene e lucchetti, fili che penzolano, muri incrostati di polvere  ma con l’intonaco consumato, fino a far uscire allo scoperto i ferri del cemento armato. Lugubre è il termine, se non fosse che l’illuminazione al neon rende tutto straniante, più che far paura.

Tutto è vecchio e sa di vecchio, è sporco e sa di…lurido: è la parte di Palazzo Zanca che si è deciso non servisse, e che è stata abbandonata a se stessa, celata (fortunatamente) alla vista e a tutti i restanti sensi, ma che in uno strano modo ha un che di fascino decadente e morboso. Però dura giusto il tempo di ricordarsi che quello non è un castello vittoriano o il set di un film. E che lordia e abbandono mal si addicono ad un edificio pubblico, la casa comunale. Anche a Messina.

 

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Antonino Principato
Antonino Principato
6 Gennaio 2019 1:13

Splendido articolo. Complimenti!