MESSINA. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha rideterminato la pena a 10 anni e 6 mesi  per Francesca Picilli, una giovane santagatese accusata di omicidio preterintenzionale per la morte del fidanzato, Benedetto Vinci, avvenuta il 12 marzo 2012 a Sant’Agata Militello. Il ragazzo fu ferito all’addome da una coltellata ma una volta dimesso dall’ospedale e tornato a casa, morì.

Decidendo su rinvio della Corte di Cassazione che lo scorso maggio ha accolto in parte il ricorso dell’avvocato Nino Favazzo, difensore della giovane, i giudici reggini, al termine del nuovo processo, hanno rideterminato la pena a 10 anni e 6 mesi, concedendo le attenuanti generiche.  Nel processo i familiari del ragazzo si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Giuseppe Mancuso e Alessandro Nespola. All’udienza a Reggio Calabria la parte civile è stata rappresentata anche dall’avvocato Salvatore Mancuso. Francesca Picilli in primo grado era stata condannata a 18 anni, pena ridotta in appello a 14 anni.

Benedetto Vinci morì in seguito alla coltellata all’addome che gli era stata inferta dalla ragazza. Rimato ferito il giovane fu immediatamente soccorso, quindi trasferito all’ospedale di Palermo dove rimase ricoverato per alcuni giorni. Il ragazzo venne poi dimesso e tornò a casa ma qualche giorno morì per i postumi della coltellata.

“La Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria – afferma l’avvocato Nino Favazzo, difensore della giovane  – con la odierna sentenza, ha fatto parziale giustizia – nei ristretti limiti in cui ciò era consentito fare – di una pena che ho sempre ritenuto ingiusta perché non proporzionata rispetto alla gravità della condotta ed alla personalità della imputata. Pena che, pur essendo stata sensibilmente ridotta rispetto ai 18 anni comminati in primo grado, continua ad essere eccessiva, per effetto della qualificazione giuridica in termini di omicidio preterintenzionale di una condotta solo colposa e, peraltro, concorrente con quella dei sanitari che ebbero in cura il Vinci e che lo dimisero, senza averlo sottosto a banali accertamenti diagnostici e strumentali dai sicuri effetti salvifici. Francesca Picilli sconterà, quindi, la pena severa prevista per un reato doloso, diverso e ben più grave, rispetto a quello, invece colposo e punito meno severamente, che poteva e doveva esserle contestato. In questi termini, Giustizia non è stata fatta”.

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