MESSINA. Dalle prime colonie tedesche, francesi, svizzere e inglesi (quest’ultima la più numerosa e organizzata) della fine del settecento ad oggi, con il conteggio dei mercanti stranieri durante l’ottocento e l’attività di cui si occupavano. Questi i temi trattati durante l’incontro tenutosi ieri 31 ottobre, intorno alle 17:15, presso la Chiesa cristiana valdese di via Laudamo, accanto al teatro Vittorio Emanuele, presenziato dalla professoressa Michela D’Angelo con la sua relazione intitolata “Comunità straniere a Messina tra etica protestante e spirito d’impresa”.

L’evento è stato promosso dalla comunità guidata dal pastore Rosario Confessore per celebrare i 501 anni della riforma luterana, “Si dice, infatti, anche se non è una data certa – ha spiegato la vice presidente del consiglio di chiesa, Elisabetta Raffa -, che il 31 ottobre del 1517 Martin Lutero affisse le 95 tesi”.

“Per noi è importante festeggiare per ricordare le nostre radici religiose”, ha affermato la vice presidente, anticipando il tema della serata: “Come questi imprenditori venuti dall’estero hanno portato qui a Messina il loro modo di essere e di fare impresa, un modo che è stato tramandato di generazione in generazione e che sarebbe opportuno, parlandone, diffonderlo”.

Successivamente, la parola è stata presa dalla dottoressa Beatrice Grill, presidente del consiglio di chiesa, con un intervento su uno dei principi fondamentali dell’etica protestante, ovvero dare lavoro. “Ma chi lavora deve venire pagato, non può lavorare a gratis nemmeno se riceve un’agevolazione”, ha illustrato, introducendo la relazione della ex docente universitaria Michela D’Angelo, andata in pensione l’anno scorso.

Quando si stabiliscono le comunità straniere a Messina? E perché?”, ha esordito la professoressa, fissando come data iniziale del processo coloniale il giorno del terremoto del 1783, in quanto l’anno successivo, Ferdinando IV di Borbone ampliò il privilegio del porto franco a tutte le religioni e sette tollerate in Europa per favorire ed incrementare il commercio, a condizione di una convivenza pacifica.

Inoltre, durante le guerre napoleoniche la Sicilia fu una delle poche aree non occupate dai francesi e, da alleata della Gran Bretagna, ha spiegato la docente, rappresentò un’alternativa per il commercio inglese, escluso dai porti europei a causa del blocco continentale decretato da Napoleone nel 1806.

Per questo motivo, all’inizio dell‘ottocento sono stati contati 43 mercanti stranieri su 365 (il 13%), a metà secolo sono aumentati fino al 20% e tra il 1875 e il 1885 hanno raggiunto il 25%, con 50 negozianti esteri su 200. Il conteggio illustrato dalla professoressa è supportato da una lista dettagliata dei mercanti esteri con l’attività di cui si occupavano, elenco mostrato alla platea durante la presentazione.

“Le attività imprenditoriali avviate dagli stranieri hanno spesso un notevole rilievo sociale e occupazionale […] garantendo anche alle famiglie un sostegno religioso”, ha continuato Michela D’Angelo.

Una svolta però, ha illustrato la docente, si ha con l’Unità d’Italia e, quindi, con la libertà di culto e l’aiuto reciproco che vi è stato tra i valdesi stabiliti in Piemonte e i protestanti a sud: i primi, infatti, mandarono il primo pastore da Torino a Messina.

L’evento, conclusosi con un’analisi dettagliata di alcune delle prime famiglie estere, ha visto poi un rinfresco a base di tè e pasticcini all’interno del tempio, la cui costruzione risale al 1940 (fino al terremoto del 1908 il luogo di culto era situato sul lato mare della Via Maddalena).

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