MESSINA. A tre giorni dall’approvazione, il “salvaMessina” non smette di far parlare di sè. Ad intervenire è la Cgil, che sul finire della scorsa settimana si è alzata insieme alla Uil dal tavolo delle trattative, senza sottoscrivere il documento.

La Fp Cgil «si dice ancor più convinta di avere preso la giusta decisione nel non fornire un   incondizionato supporto ad un documento che – afferma il segretario generale Francesco Fucile – benché  condivisibile nell’orientamento generale, ovvero evitare la dichiarazione dissesto, contiene dei punti troppo oscuri e in quanto tali estremamente pericolosi rispetto al mantenimento dei livelli occupazionali e soprattutto esposto a riduzioni orarie che rischiano di danneggiare chi già fatica ad arrivare a fine mese».

Quest’ultima d’altra parte, come dichiarato dallo stesso primo cittadino nell’intervista rilasciata ad un’emittente televisiva cittadina, è la linea che l’Amministrazione intende prendere: «De Luca ha spiegato che sì, i tagli riguarderanno i lavoratori, affermando testualmente che “in questo momento il tema non è il numero ma il taglio dei costi. Se per esempio adesso le persone prendono 10, per un periodo dovranno prendere 5”. Ebbene – continua Fucile – rispetto ad affermazioni del genere è impossibile trovare l’accordo della FP CGIL, perché come ribadito in altri contesti, ivi compreso l’ultimo tavolo di trattativa del 12 ottobre, era ed è il caso di verificare di poter recuperare altrove questi 10 mln di euro. Proposta di modifica al Piano formulata dalla CGIL durante la trattativa e rispedita al mittente dal Sindaco.

Il sindaco ci trova assolutamente d’accordo in un concetto di razionalizzazione della spesa, ma certamente non sulla pelle dei lavoratori. Da qui la preoccupazione che il “Salva Messina” possa diventare un “vaso di Pandora”».

La FP CGIL non manca poi di avanzare una riflessione sulla “debole” gestione complessiva dei lavori d’aula che ha dato al sindaco l’opportunità di portare avanti un monologo senza contraddittorio «carico di rabbia e livore nei confronti delle organizzazioni sindacali e, dunque, indirettamente, anche nei confronti dei lavoratori, perché se è vero, come affermato da De Luca, che i sindacati rappresentano il marciume sociale, nel grande calderone degli insulti ci finisce anche chi ogni giorno lavora, in modo onesto, per portare a casa lo stipendio. Noi non rappresentiamo chi bivacca alle macchinette di palazzo Zanca o sta seduto al bar, (quelle sono persone tutelate dalla politica), ma chi lavora, da anni, con impegno e sacrificio, spesso con retribuzioni che non è certo pensabile ridurre ulteriormente».

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