Un paio di giorni a Milano con dei vecchi amici mi hanno aiutato a rigenerarmi in questo weekend. L’occasione è stata una di quelle belle, un matrimonio (a proposito: auguri ancora, Sara e Davide) che ha generato una rimpatriata di gente da ogni parte d’Italia, con gusti e background diversi, tutti uniti per far festa. E visto che vogliamo far festa anche noi, ecco qui cinque canzoni per iniziare al meglio la settimana mentre ancora avete nel cuore il gusto dell’Old fashioned fatto in casa con cui avrete sicuramente chiuso anche voi il vostro weekend.

 

The Smashing Pumpkins – Ava adore

 

Gli Smashing Pumpkins, per quanto mi riguarda, sono uno dei gruppi più controversi della storia. Musicalmente indiscutibili per qualche album veramente meraviglioso, a un certo punto sono diventati l’ombra di sé stessi (meglio: l’ombra dell’ego di Billy Corgan) con lavori completamente bypassabili e molto altro. Però come si fanno a criticare i primi Smashing? Non passiamo nulla di Siamese dream o di Mellon Collie and the infinite sadness (che spero tutti voi possiate riconoscere come uno dei dischi della vita), ma qua oggi andiamo con Ava Adore, singolo di lancio di Adore, quarto LP datato 1998. Via così.

 

Nirvana – All apologies

 

Un paio di giorni fa era il venticinquesimo anniversario di In utero, il mio disco preferito dei Nirvana che rappresenta al meglio la sintesi tra il grezzume di Bleach e la spudorata faccia pulita di Nevermind. In utero è un disco forte che inizia con il prendere le distanze dal successo, per poi regalare alcune delle canzoni più rabbiose della breve carriera del gruppo di Seattle. Nella playlist odierna ci finisce All apologies, un brano che possiede tanta cazzimma mascherata in parte da una linea melodica in apparenza meno aggressiva. Un consiglio: basta con l’unplugged, ascoltatevi l’originale. Basta unplugged raga, dai, ma seri.

 

Fort Atlantic – Let your heart hold fast

 

Facciamo un salto avanti nel tempo dopo esserci soffermati negli anni ‘90, perché la prima volta che ho sentito questa canzone dei Fort Atlantic stavo guardando una serie tv e ricordo di essermi emozionato tantissimo per la scelta decisamente azzeccata di usarla come sottofondo. Let your heart hold fast è un manifesto sul non mollare, sul crearsi il proprio destino con le armi che si hanno a disposizione, una canzone motivazionale che parte da una situazione non felice ma mostra come poterla ribaltare con impegno e costanza.

Phosphorescent – Song for Zula

 

Qui la colpa è di Youtube, perché il piano originario prevedeva un’altra canzone, ma tra i suggerimenti c’era questo che non conoscevo, l’ho aperto e ho scorto un’essenza di meraviglia che mi era sconosciuta. Non so dirvi ancora molto, infatti, sui Phosphorescent che leggo su wiki essere tale Matthew Houck più altri turnisti; con la promessa di approfondire nelle prossime settimane, vi faccio sentire intanto questo brano che sinceramente ha un’aura di bellezza incredibile già al primo ascolto e che altro non fa che confermare la Dead oceans come un’etichetta strabiliante.

 

Shame – Concrete

 

Già, la Dead Oceans: il precedente brano era tra i suggeriti perché nelle ultime settimane ho ascoltato molto di questa etichetta, tra tutti quelli che sono il mio gruppo preferito del secondo semestre del 2018, quegli Shame che ho adorato a Castelbuono, all’Ypsigrock, con la loro attitudine strafottente, sopra le righe, eccessiva, strabordante: in sintesi, what rock’n’roll is about. Songs of praise è un disco fantasmagorico che negli ultimi tempi ho consigliato qua e là un paio di volte, per cui poi mi sono ricordato che ho una playlist che qualcuno ogni tanto legge e presto anche, di nuovo, il mio programma a RadioStreet, quindi sarebbe ingiusto non condividere con voi questa manata chiamata Concrete.

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