Arriverà la morte e avrà i tuoi occhi, diceva qualcuno. Per chi verga queste righe, la morte è dimenticarsi di spegnere il telefono il sabato notte e rovinarsi la domenica mattina perché qualche imbecille manda venti messaggi di fila per esprimere un concetto non richiesto, e quindi oggi questo lunedì suona diversamente: proviamo a mettere in fila cinque canzoni con una partenza dolce ma – vi avverto – alla lunga questi benefici autoimposti potrebbero terminare e potreste terminare la lettura con la voglia di donarmi del denaro per la mia attività filantropica nell’associazione “Gente che la domenica mattina vuole dormire”. In alternativa, con la voglia di uccidermi. Ma secondo me meglio l’altra opzione.

 

Raige – Dimenticare

A Raige voglio bene sin da quando era un terzo dei OneMic, un trio hip hop decisamente potente che con Sotto la cintura mise a segno un colpo importante per riqualificare il rap nostrano. Anche da solista ha sempre detto la sua con un disco favoloso chiamato Tora-Ki e altre uscite validissime, prima di una svolta più pop che lo ha portato anche a Sanremo in una parentesi di fama meritata per tutto l’impegno seminato nel tempo. Oggi la playlist inizia con Dimenticare, estratto da Buongiorno L.A., primo album praticamente senza alcun contatto con il suo genere precedente; la motivazione è molto semplice, ed è duplice: è una canzone bellissima e venerdì era il compleanno di mia madre, quindi auguri in ritardo anche qua.

 

Peter Bjorn and John – Second Chance

Nei tempi morti delle mie giornate mi metto su Netflix a capire cosa fare delle mie serate, e negli ultimi dieci giorni circa ho scoperto che adoro Suits: Harvey è un personaggio che a tratti, almeno nelle prime due stagioni, mi ricorda Jeff Winger quindi è supermegaok, e la serie di per sé è decisamente ben fatta, anche se forse esagera con il citazionismo. Molto bene però la colonna sonora, in cui trova spazio anche Second Chance di Peter Bjorn e John, che personalmente non è che conosca così bene benissimo ma, almeno, ho la certezza che abbiano fatto i soldazzi con questa canzone, dato che è anche la sigla di 2 Broke girls, una serie decisamente poco credibile ma alla fine è fiction quindi ci va bene così.

 

Misfits – Die, die my darling

Mi è tornato in mente l’episodio di cui parlavo nell’introduzione e quindi niente, forse è necessario cambiare il mood di questa playlist per alimentare il sacro fuoco della ribellione e ribaltare questo fastidioso lunedì. Per farlo scegliamo i Misfits, gruppo horrorpunk di Lodi—la Lodi che però si trova nel New Jersey. Glenn Danzig non era un ragazzino allegro, credo non lo sia mai stato, e in questo brano non appare particolarmente distensivo verso una persona colpevole di un qualche torto nei suoi confronti. Un ragazzo di buon cuore che si augura semplicemente che questa persona possa rivederlo prossimamente all’inferno, perché… perché… perché no?

 

Metallica – Whiskey in the jar

Ho conosciuto i Misfits non tramite i Misfits, ma tramite i Metallica, che nel 1998 pubblicarono questo doppio album chiamato Garage Inc. nel quale trovava spazio anche la loro versione di Last Caress/Green Hell, oltre proprio a Die, die my darling. Forse l’ultimo vero rigurgito dei veri Metallica, in playlist voglio mettere questa Whiskey in the jar, una canzone che già è ampiamente distante dai canoni dei primi quattro dischi, ma di discussioni riguardo il loro miglior lavoro non voglio averne, anche perché è indiscutibilmente Ride the lightning. Whiskey in the jar, comunque, è la versione hard rock di una canzone popolare irlandese ripresa inizialmente dai Thin Lizzy; la parte molto bella è rappresentata da Hetfield che canta “Masciarendamadudamadà”, e vi sfido (TUTTI) a dire il contrario.

 

Echo and the Bunnymen – The Killing Moon

È vero che è lunedì e questa rubrica tende a volervi (volerci) aiutare a sopravvivere a un giorno maledetto per definizione, ma non vorrei che si corresse il rischio di prendere tutto questo poco seriamente, perché questa faccenda della musica è dannatamente importante e si deve capire l’importanza di essere colpiti dalle note, di essere attratti da questa oscurità, questa sensibilità che difficilmente fa nascere pezzi allegri; The killing moon è un brano da ascoltare, non da sentire, è uno di quelli per cui chiudete gli occhi e alzate il volume, stringete bene le cuffie e volate via, vi fate trascinare dalla sensualità del suono, dalla magia di una musica dolcemente dura nel dirti che puoi lottare con il destino e probabilmente avrà lui la meglio, ma tu ci sei. Combatti contro il destino che a sua volta è contro la tua volontà e già solo questo basta a dare dignità alla tua vita. Non serve vincere, quello è l’ultimo dei pensieri da avere. Non certo come spegnere il cellulare un sabato notte, che invece è prioritario.

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