MESSINA. “Dovevamo diventare fashion blogger per attirare le ragazze. Dovevamo fare tante cose assieme. E sono felice che sei morto da eroe come tu volevi, ma non a 13 anni. Dovevamo diventare grandi assieme, sposarci, avere figli che ti avrebbero chiamato zio. Mi mancherai tantissimo. Sei stato e sarai sempre il mio migliore amico”. Sono le parole di un bambino, il migliore amico di “Fifo”, uno dei momenti più toccanti dello struggente funerale dei piccoli Francesco e Raniero, a cui una città affranta ha dato questa mattina l’ultimo saluto.

«È stato un onore essere vostro padre”: le parole di Gianmaria Messina rimbombano nella cappella dell’Ignatianum e rimbalzano nei corridoi e nella Piazza della cattedrale. Poi spazio anche per un estratto di un tema del primogenito sulla crisi dell’Aquarius, scritto per l’esame di terza media, pochissimi giorni prima di quel venerdì maledetto: «Dobbiamo agire per sradicare la mentalità razzista».

Sono stati migliaia i messinesi che hanno lasciato le loro abitazioni per andare a dire addio a Fifì l’adulto e a Rani il dolce, morti del tragico rogo di via Dei Mille. Tantissimi cittadini che hanno voluto partecipare al dolore dei familiari nella piccola chiesa all’interno dell’Istituto privato, adornata con i simboli di Batman da un lato e di Superman dall’altro, sotto le fotografie che ritraggono i piccoli assime a familiari e parenti. Fuori dalla cappella i maxischermi allestiti in una sala interna, nei due grandi cortili e a Piazza Duomo.

A celebrare l’omelia è stato monsignore Pietro Accolla, arcivescovo di Messina, che ha ricordato il gesto del primogenito di Gianmaria Messina e Chiara Battaglia: “Ci rendiamo conto che un bambino, nella sua innocenza, è diventato un esempio? Un ragazzino che perde la vita per andare incontro al fratello? Volete che le porte del paradiso non si siano spalancate per lui testimone di amore fraterno? Non lo dimenticate – prosegue Accolla – Francesco ha donato la vita. Un gesto d’amore che in una società così apatica, così fortemente indifferente, ci concede un grande esempio».

«Raniero viveva per Fifì, e a parti inverse avrebbe fatto la stessa cosa per Fifì», è invece il ricordo dello zio, Emilio Fragale, che ha raccontato il contenuto della tesi di terza media di Francesco Filippo su Federico II e la tanto amata Sicilia.

Tantissimi i messaggi letti dagli amici, dagli insegnanti e dai parenti. Due ore di commozione al cospetto delle due bare bianche coperte delle maglie di calcio della squadra del cuore e di quella in cui giocavano, l’associazione “circoletto sui laghi”. Il tutto mentre i due più piccoli, Tancredi e Federico, ascoltavano il ricordo della città stretti ai fianchi della mamma.

Per ultimi hanno parlato i genitori: «Avevo sempre pregato che semmai fosse successo qualcosa di tragico, avrebbe coinvolto solo me. Fifì, ormai stavi diventando ragazzo: i primi peli sotto l’ascella ti facevano già sentire Antonio Banderas. Con la Vespa che abbiamo provato il giorno prima – dice con la voce rotta per la commozione – ti sentivi già Valentino Rossi. Nanni mio, non eri per questo mondo. Adorati figli miei, esservi padre è stato un onore. L’unica speranza è che un giorno ci rivedremo tutti e sei”.

“Ha detto tutto vostro padre”, ha esordito invece la mamma, Chiara Battaglia, che ha voluto “ringraziare tutta la città e tutte le persone che ci vogliono bene. Andare avanti sarà difficile ma lo faremo per Tancredi e Federico, perché siamo ancora una famiglia”.




 

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