MESSINA. Strana città, Messina: attenta a rintracciare gli improbabili natali di William Shakespeare e “sbadata” nel ricordare chi vi  è nato anche se ha lasciato un segno oltre il confine naturale dello Stretto. Come nel caso di Mario Landi, morto a Roma esattamente 26 anni fa,  il 18 marzo del 1992. Nato a Messina il 12 ottobre del 1920, fu autore, attore e, soprattutto, regista, uno dei primi a fare sua la tecnica del romanzo sceneggiato. Ecco qualche stralcio della voce a lui dedicata nel “Dizionario Biografico degli Italiani” della Treccani (autrice Caterina Cerra).

Figlio di Giulio e Giulia Nicotra, Landi trascorre l’infanzia a Taormina, per poi tornare a Messina. Si iscrive a Giurisprudenza (consegue la laurea in seguito), ma la passione per il teatro lo spinge, ancora molto giovane, a trasferirsi a Roma per frequentare l’Accademia nazionale d’arte drammatica. In questo periodo di formazione, ha fra i compagni di studi nomi destinati a una brillante carriera, come Vittorio Gassman, Rossella Falck, Adolfo Celi (anche lui messinese), Lea Padovani e Luigi Squarzina.

Diplomatosi in regia teatrale nel 1944, esordisce al Teatro Eliseo di Roma con “Nozze di sangue” García Lorca. L’anno seguente, ancora a nella Capitale, mette in scena “Gioventù malata” di Bruckner, al teatro Manzoni, e “La frontiera” di Leopoldo Trieste, al Quirino.

Si trasferisce quindi a Milano, dove inizia a lavorare per una casa editrice per poi concentrarsi ancora sul teatro. Tenta anche la carriera giornalistica, collaborando per un periodo con il settimanale “Film d’oggi”, per il quale redige cronache cinematografiche e teatrali per la rubrica “Prima visione”. Sempre a Milano, frequenta il circolo culturale Diogene che ospitava all’epoca, con letture e rappresentazioni, personalità di spicco del teatro italiano quali Strehler e Grassi.

Presso il Circolo, mette in scena una sessantina di pièces, dimostrando uno spiccato interesse per gli autori italiani tra i quali  Capuana, Pirandello, De Benedetti, Benelli. Nel 1949 arriva l’esordio del nella regia cinematografica con “Canzoni per le strade”, una commedia musicale interpretata da Luciano Tajoli e Antonella Lualdi.

La svolta arriva con la nascente televisione. Nel 1952, infatti, intraprende alla Rai la carriera di regista per la Tv. Le prime trasmissioni in video erano ancora in fase sperimentale e il mestiere era tutto da inventare. Landi, insieme con Majano, Ferrero e D’Anza, diventa un pioniere di questa professione. Per prepararsi si reca a Londra, dove fa un periodo di pratica presso la televisione britannica, la British Broadcasting Corporation (BBC); qui apprende il metodo detto della “camicia di ferro”, secondo il quale, per poter praticare la diretta, le riprese erano preparate minuziosamente in anticipo e ogni inquadratura e movimento della telecamera erano prestabiliti.

Autore prolifico, e tra i più poliedrici, dirige varietà e riviste, sceneggiati e rivisitazioni di classici, creando, grazie alla contaminazione tra le diverse esperienze, una cifra stilistica e narrativa originale, adatta al nuovo mezzo di comunicazione. La sua prima riduzione fu “L’orso” di A. Čechov, girato presso gli studi Rai di Torino. Landi è anche il primo a portare Pirandello sul piccolo schermo, con “Così è (se vi pare)”, nel 1954. Nel marzo 1953, firma poi il primo “originale” televisivo, un testo cioè espressamente creato per il nuovo mezzo: “Il tunnel”, di H. Agg e M. Costanduros.

Tra le numerosissime produzioni tratte da opere letterarie che Landi dirige, si ricordano gli sceneggiati “Cime tempestose”, tratto dal romanzo di E. Brontë (trasmesso a puntate dal 12 febbraio al 4 marzo 1956, con successo tale da essere replicato in luglio; interpreti M. Girotti, Anna Maria Ferrero, A. Francioli), “Canne al vento” (in quattro puntate, dall’8 nov. 1958, con C. D’Angelo, Cosetta Greco, F. Interlenghi), “Il romanzo di un maestro”, “Il bambino da un soldo”, “Gli oggetti d’oro” e “Ragazza mia”.

Landi dirige anche spettacoli di varietà come “I cinque sensi sono sei” (1954, uno spettacolo di scenette satiriche e canzoni con E. Pandolfi, Antonella Steni, Febo Conti, su testi di Dino Falcone), “Casa Cugat” (1955, che porta in Italia la coppia Xavier Cugat – Abbe Lane e il cha-cha-cha), “Un, due, tre” (tra il 1954 e il 1959, con U. Tognazzi e R. Vianello). Sua anche l’edizione di “Canzonissima” del 1960-61,  che lancia la cantante Mina, e, nel 1963, dirige “Il cantatutto”, consacrandosi come uno dei migliori registi Rai di varietà.

I maggiori successi di Landi, però, si legano al racconto poliziesco: oltre a una ripresa della celebre serie del tenente Sheridan con U. Lay, nel 1963 (Ritorna il tenente Sheridan, in sei puntate), nel 1967 firma la regia degli sceneggiati “Dossier Mata Hari” e “Questi nostri figli”. L’anno seguente cura i sei telefilm de “I racconti del maresciallo”, andati in onda fra gennaio e febbraio, che raccolgono nove episodi dal libro di M. Soldati, con Turi Ferro nel ruolo en titre del maresciallo Arnaudi.

Landi conquista la definitiva notorietà con “Le inchieste del commissario Maigret” (protagonista Gino Cervi), sedici episodi in quattro cicli trasmessi tra il 1964 (il primo, “Un’ombra su Maigret”, va in onda il 27 dicembre) e il 1972 (l’ultimo, “Maigret va in pensione”).

Negli anni Settanta, la sua produzione si dirada: firma, nel 1973, “Nessuno deve sapere”, uno sceneggiato sulla ‘ndrangheta che, nonostante i problemi con la censura, viene molto apprezzato. Risale allo stesso anno “Serata al Gatto nero”, cui seguono, nel 1979, “Accadde ad Ankara” e la serie “La vedova e il piedipiatti”.

Sul fronte cinematografico, si ricordano “Siamo tutti milanesi” (1953), “Giacobbe ed Esaù” (1963), “Le impiegate stradali” (1976), Supersexy market (1978), “Giallo a Venezia” e “Il viziaccio” (entrami film del 1979). La sua ultima fatica cinematografica fu uno strano horror, “Patrick vive ancora”, del 1980.

Ritiratosi a vita privata, Landi continua a coltivare la passione per la scrittura fino alla morte.

Per l’opera completa come regista, autore e attore, si rimanda alla voce di Internet movie database.

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