MESSINA. Uno spazio reale e virtuale che mette al centro la Sicilia, con le sue storie, i suoi luoghi, i suoi sapori e i suoi colori, le sue luci e le sue ombre, i suoi sorrisi e le sue lacrime, la sua bellezza e le sue ferite, i suoi arrivi e le sue partenze, i suoi incontri e i suoi scontri.  Si tratta di “Beddamé food travel people”, un progetto culturale che vuole attraversare l’anima profonda della regione nutrendosi del contributo delle donne e degli uomini che ogni giorno creano e ricreano una terra piena di meraviglie e contraddizioni.

A dare il via al progetto, presto online all’indirizzo www.beddame.it, sarà un’annosa questione linguistica e culinaria che “spezza l’isola in due”: il sesso dell’arancino, quella bontà di riso dorata, panata, ripiena e fritta, che dalla Sicilia ha fatto il giro del pianeta. Un argomento di cui si discuterà oggi a Catania, in via Verdi, nel corso di un evento tutto incentrato su uno dei più deliziosi doni dell’antica tradizione popolare siciliana.

“Da che mondo e’ mondo, fin dai tempi dei Normanni – si legge nella presentazione dell’evento – un interrogativo blocca il golosone che si trova davanti al banco di una rosticceria: ‘arancino o arancina?’, insomma alla ‘catanese/messinese’ (arancino) o alla ‘palermitana’ (arancina)? – il dibattito è acceso da secoli e non dà segni di stanchezza. I linguisti hanno provato a mettere la parola amen: si dice arancino e non arancina per anzianità … le radici del termine maschile, infatti, risalgono al dizionario borbonico siciliano-italiano del 1857. L’Accademia della Crusca ha addirittura optato per una soluzione salomonica: va benissimo arancino nell’ambito del dialetto siciliano – aranciu è pure il frutto dell’arancio – però è giusto utilizzare la variante femminile, per via del genere dell’arancia nella traduzione italiana.  Al di là delle dissertazioni, seppur condivisibili, l’Accademia della Crusca conclude: “che poi, maschio o femmina, a punta o rotonda, è sempre la fine del mondo!”. E proprio dalla fine del mondo vogliamo partire, per raccontare che sono le differenze ad arricchire, unire e dare identità”.

 

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