Era un anno fa, appena un anno fa. La mezzanotte del 16 gennaio era appena trascorsa e già dovevamo fare i conti con il primo “error 404”, con bug che si erano nascosti per mesi mostrandosi impietosamente due minuti dopo il varo del sito e con browser che non ne volevano proprio sapere di visualizzare correttamente la pagina.

Malgrado il giornale non fosse ancora online, l’avventura di Lettera Emme era già iniziata informalmente da qualche tempo. Mesi e mesi di discussioni e idee, riunioni e confronti, progetti ed aspettative, elaborazioni grafiche e incomprensibili (per noi) questioni tecniche, sempre in bilico fra la voglia irrefrenabile di metterci in gioco e la paura irrazionale di non farcela.

È stato un lungo travaglio, un parto difficoltoso, ma alle ore 00.00 del 16 gennaio 2017 il progetto era lì, online, sulla rete: il “numero zero” di un giornale che ci aveva tolto il sonno e che finalmente potevamo osservare “respirare”. Con lo stesso orgoglio e la stessa incredulità di una mamma che stringe per la prima volta fra le braccia il suo bambino. È nato così Lettera Emme. Che oggi compie un anno.

Quelli appena trascorsi sono stati dodici mesi intensi, giusto per usare un eufemismo. Dodici mesi di lavoro duro e sacrifici. Fare un quotidiano online è un lavoro durissimo, soprattutto quando si è in pochi e non c’è nessuno “che ti copra le spalle”. Eppure, al di là della stanchezza, al di là degli errori che abbiamo commesso, delle cose che adesso magari rifaremmo in un altro modo, quel che resta, dodici mesi dopo, è soprattutto l’enorme soddisfazione per aver portato avanti un progetto in cui abbiamo sempre creduto: un’idea di giornale diversa, nuova, che raccontasse gli aspetti inediti di una città contraddittoria e complessa.  

Strada facendo qualche soddisfazionel’abbiamo raccolta. A inizio luglio Lettera Emme è stata una delle tre testate italiane a prendere parte a Varsavia al forum internazionale #DigitalSherlocks 360/OS, investigatori dell’era digitale che usano a 360 gradi le fonti aperte e si occupano di fact checking, fake news, misinformation, dati aperti e open sources, mentre a dicembre la mappa interattiva dei clan e dei mandamenti è stata inserita nel novero dei migliori progetti italiani di data journalism nel contest lanciato da DataNinja. E poi, ovvio, c’è il riscontro dei lettori. Che è la cosa più importante.

Oggi Lettera Emme è diverso dal Lettera Emme di un anno fa. Tra un anno sarà diverso da quello che è oggi. Non si ferma perché non intende farlo, e perché non esiste una formula. Non esiste più.

Senza ammorbarvi troppo, oggi l’editoria si guarda intorno e non riesce a trovare una strada, un modello di business che sia sostenibile e contemporaneamente salvaguardi quel rimasuglio di dignità professionale che è rimasta a questo mestiere. Facebook, che per qualche anno è sembrata una Mecca, ha riprogrammato i flussi del suo newsfeed dando maggior evidenza alle relazioni personali: i commenti dei nostri amici saranno da domani maggiormente visibili rispetto alle news, perché Mark Zuckerberg ha deciso di “fare qualcosa per il benessere delle persone”, bontà sua.

La pretesa secondo la quale tutto ciò che è in rete debba essere gratuito ha fatto saltare il banco della qualità e dell’accuratezza delle notizie: una vale l’altra, senza discernimento, senza differenze. E spesso senza la minima considerazione per chi, per offrire ogni giorno ai propri lettori – cascasse il mondo – quelle informazioni gratuite, ci mette tutto se stesso.

In questo oceano che è diventato un laghetto si muovono pesci grossi e pesci piccolissimi, balene (che sono mammiferi, vabbè, il concetto è chiaro) e viriole. Le prime scodano, sbuffano e sollevano colonne d’acqua, i secondi sfuggono tra le gocce per sopravvivere. È un intero ecosistema che si sta sgretolando.

Lettera Emme ha deciso di starci, in questo gioco. Ma secondo le proprie regole. Secondo quella mano sulla coscienza che nessuno di noi ha intenzione di togliersi. Senza troppi piagnistei per i bei tempi andati, e senza indulgere in scappatoie facili. Al contrario.

Nel 2017 siamo nati, e i primi vagiti li abbiamo emessi tenendo fede a quello che avevamo scritto a mezzanotte di un anno fa. Una sana e robusta costituzione, direbbe il vecchio medico della condotta: siamo cresciuti secondo le scadenze che ci eravamo dati, in base a quello che avevamo programmato, senza scossoni se non d’assestamento.

Nel 2018 pesteremo ancora più forte sull’acceleratore delle “nostre” storie, dei dati, dell’innovazione tecnologica, dell’interazione e dell’interattività, del dialogo col lettore e delle antenne dritte sul mondo là fuori. Un mondo complicato, che non sempre riusciamo a decodificare. Non da soli.

Per questo, il primo compleanno di Lettera Emme non è solo la festa di noi cinque: Manuela, Rossana, Marino, Daniele, Alessio. È la festa di Letizia, con noi sin dal primo giorno, della nostra “linea verde”, Noemi, Andrea e Riccardo, che a sommare le loro età si arriva a malapena a superare i cinquant’anni, di Francesco, che ha l’arduo compito di colmare le nostre voragini tecnologiche, di Ciccio, che ha tradotto le nostre parole in immagini, dei nostri blogger seriali Marialuisa e GiovanniLinda, Diletta Ivan, fino alle firme di riguardo di Sergio, Giuseppe Luciano, la cui prospettiva sul mondo ci allarga gli orizzonti e mette a fuoco realtà che noi, confinati in redazione, non sappiamo vedere. Un immenso grazie, infine, a tutti quelli che abbiamo dimenticato (scusate), agli inserzionisti che hanno creduto in noi fin dal primo giorno e a tutti quelli che hanno speso un po’ del loro tempo per scrivere per noi, scrivere di noi, commentare, criticare o anche solo dare una sbirciata di corsa.

La prima candelina la vogliamo spegnere con tutti voi. Buon compleanno Lettera Emme.

 

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