Quella notte al M’Ama: gli spari, il sangue, l’orrore

 

 

Si è scritto e parlato tanto di ciò che accadde a Messina la notte del 22 luglio, quando due individui a bordo di un motorino spararono cinque colpi di pistola fuori da un lido estivo, ferendo una ragazza. Un gesto così folle, così criminale e così idiota che anche adesso, a distanza di qualche mese dall’accaduto, risulta molto difficile da commentare.

A volte, al cospetto di situazioni che sfuggono alla ragione, non può nulla nemmeno la sconfinata potenza delle parole. In certi casi, per descrivere ciò che la mente fa fatica a capire – e quindi a raccontare – è necessario rifugiarsi in un simbolo, in un oggetto significante che mostri la realtà delle cose per quelle che sono, senza fronzoli e orpelli. Un’immagine pura, nuda, cruda. Che abbia lo stesso impatto di un pugno nello stomaco. Proprio come la foto dei gradini di una discoteca ricoperti dal sangue di una ragazza di 23 anni che era andata lì per ballare. In una spensierata serata d’estate.

 

Perché lo abbiamo scelto: perché ad essere colpita da quelle pallottole, quella notte, non è stata solo una donna, ma la città intera. Che, come spesso succede, ha trovato la forza di reagire. Con la rabbia, con l’indignazione, con un pulpito d’orgoglio. O anche con uno sberleffo.

 

 

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