MESSINA. Raccontare il Simbolismo, riorganizzandone genesi e sviluppi: è questa l’ultima sfida superata con successo da Teresa Pugliatti con i due volumi su “Il simbolismo nella pittura europea. Dai Preraffaelliti all’Art Nouveau” (Magika Editrice), presentati lo scorso 12 dicembre a Milano, presso la Fondazione Mudima, da Eva di Stefano (storica dell’Arte), Nino Sottile Zumbo (critico d’arte) e la stessa autrice. Il primo risale al 2015, mentre il secondo è andato in stampa quest’anno.

L’opera nasce da un’intuizione critica dell’autrice, che fa viaggiare il lettore attraverso nuove proposte di indagine e analisi storico artistiche sul tema del Simbolismo. Grazie a un lavoro complesso e ricco di richiami incrociati, si analizza lo sviluppo del pensiero che sta all’origine del sentimento artistico di uno dei principali movimenti pittorici e intellettuali dell’Ottocento, fino a toccare l’eccentrico e variegato fenomeno dell’Art Nouveau. Con una chiave di lettura che punta a stabilire nessi e analogie tra Simbolismo e addirittura il manierismo cinquecentesco, la storica dell’arte costruisce un percorso inedito tra diverse cronologie analizzando opere di celebri artisti e le differenti declinazioni di un fenomeno artistico che contemporaneamente si manifesta in tutta Europa: dall’Inghilterra, alla Francia, passando per la Svizzera, il Belgio, la Germania e l’Italia, approdando infine nella fastosa Vienna di Klimt per indagare ancora una volta quell’unitaria fenomenologia internazionale che sta all’origine del Liberty.

I due volumi, per Teresa Pugliatti, messinese doc, già docente di Storia del’Arte nella sua città e all’Università di Palermo, sono stati l’ennesima “montagna” da scalare; una prova affrontata con lo stesso piglio di quando intraprese il suo primo e complesso studio, negli anni Settanta, sulla controversa figura di Agostino Tassi (1580-1644), celebre quadraturista e paesaggista del XVII secolo. Perché all’autrice è sempre piaciuto affrontare materie complesse e magmatiche, che prova a penetrare, ordinare e raccontare in tutti i loro aspetti, raggiungendo un duplice scopo: dare uno “scossone” alla ricerca con le proprie conclusioni e aprire le porte a quella altrui dopo aver dissodato faticosamente un terreno reso brullo da studi episodici e specialistici. Un’operazione che ha sempre ampi confini: o legati al genere e al periodo, come nel caso dello stesso Tassi o di “Giulio Mazzoni e la decorazione a Roma nella cerchia di Daniele da Volterra” (suo secondo volume, edito dal Poligrafico dello Stato nel 1984); o anche puramente geografici, ad esempio nei due libri sulla pittura del Cinquecento in Sicilia (i primi due editi da Electa Napoli) e nel terzo, sulla tarda maniera nella parte occidentale dell’Isola, pubblicato da Kalos.

 

Teresa Pugliatti

 

Ogni volume de “Il simbolismo nella pittura europea. Dai Preraffaelliti all’Art Nouveau” consta di tre parti. Nel numero uno, la prima è dedicata all’universo preraffaellita, popolato da numerosi personaggi affiancati da musicisti, poeti e letterati che, secondo la visione della Pugliatti (e contro buona parte della critica), a partire dal 1848, aprono con la loro opera la via al Simbolismo. Dopo questa, che si svolge in Inghilterra, la seconda parte punta sulla Francia, dove Gustave Moreau, negli anni Sessanta-Settanta, mostrerà i prodromi del simbolismo francese. Nella terza, infine, viene “visitato” il Simbolismo in Svizzera, in Germania, in Belgio, tornando poi in Inghilterra per trovarvi esiti più tardi (Alma- Tadema, Beardsley). Il secondo volume, l’ultimo andato in stampa, si apre invece nella Francia dei tardi anni Ottanta, quando, erroneamente, secondo Teresa Pugliatti, la critica del tempo decreta la nascita del Simbolismo per merito di Gauguin e il suo gruppo della cosiddetta Scuola di Pont-Aven. Questo è quello che, invece, l’autrice definisce “secondo Simbolismo”, completamente diverso da quello che chiama “primo”(i cui natali sonon stati in Inghilterra nel ’48-50 e in Francia nel 60-70) e i cui referenti in letteratura vanno, rispettivamente, da Swinburne a Oscar Wilde e, da Huysmann a Baudeleire, a Mallarmè; infatti, per il “secondo” Simbolismo francese i referenti letterari si possono indicare soprattutto in una schiera di giornalisti (da Jean Morèas a Edouard Dujardin e altri). Con la seconda parte del volume si accede alla corrente artistica in Italia, con due personaggi quali Previati e Segantini (quest’ultimo conteso dalla Svizzera) e con i molti raffinati illustratori. La terza, invece, è dedicata alle Secessioni (Berlino, Monaco e Vienna), con rispettive trattazioni su Franz von Stuck, Klimt e importanti artisti che vi gravitavano intorno. Infine, il volume si chiude con un’appendice nella quale si dà uno sguardo ai Manifesti (da Lautrec a Grasset a Mucha) e alle più differenti forme decorative dell’Art Nouveau.

 

 

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