MESSINA. Come ha fatto il comune di Messina ad accumulare mezzo miliardo di debiti? Anche e soprattutto per la ridicola capacità di riscuotere i tributi e le tasse che i cittadini avrebbero dovuto pagare negli anni, a tal punto che, per un periodo, Palazzo Zanca rimproverava all’agente riscossore di aver incassato solo lo 0,35% di quanto accertato: in pratica, pagava un messinese su trecento.

Ad occuparsene, per anni, è stata la Serit Sicilia (poi dal 2012 trasformata in Riscossione Sicilia Spa), il cui lavoro non ha mai soddisfatto Palazzo Zanca, al punto che la vicenda è terminata ” a carte bollate” davanti alla Corte dei Conti. Perchè?

E’ successo che il Comune nel 2011 ha più e più volte chiesto all’agente riscossore lo screening analitico delle singole posizioni creditorie, “nonchè della effettiva e concreta possibilità di recupero delle somme costituenti residui attivi e dei relativi tempi di realizzo”. Screening che però non è mai arrivato, o per lo meno non nella forma che il Comune pretendeva. “Le risposte sin qui fornite dall’agente della riscossione sono state, con tutta evidenza, generiche e lacunose“, lamentava il dirigente ai Tributi dell’epoca, Romolo Dell’Acqua già nel 2011, “tanto da rendere dubbia ed incerta la reale, concreta ed effettiva esigibilità e le tempistiche di incasso delle somme afferenti le quote ricomprese nei ruoli della tassa sui rifiuti (allora era la Tarsu, ndr) affidati in riscossione che vanno dal 1997 al 2005”.

Dell’Acqua cita un numero che ha dello spaventoso: in una lettera alla Serit del settembre 2011, il dirigente lamenta che “si registra la permanenza di ingenti somme da riscuotere”, ma soprattutto che la percentuale media di riscossione dei tributi locali si fermava ad un ridicolo 0,31%. Rapportato, significa che a pagare tasse e tributi, in quegli anni, era un messinese su trecento. “Nello specifico si osserva che la percentuale media di riscossione dei tributi locali, sui ruoli cartellati, post riforma, nel corso dell’anno 2010 si è attestata intorno al 16,7%, mentre per quelli pre-riforma è stata pari allo 0,31%, risultando perfino inferiore alla percentuale conseguita nel corso dell’anno precedente dello 0,35%”, scriveva testualmente Dell’Acqua.

“Si continua a manifestare viva preoccupazione per le esigue performance di riscossione, che non trovano giustificazione alcuna – scrive il dirigente – se solo si tiene conto dell’incisività dei poteri concessi dalle normative agli agenti della riscossione”. Ma nonostante i solleciti, secondo Dell’Acqua la Serit fa orecchie da mercante. “Si ritiene di dover rinnovare l’invito a codesto agente a voler relazionare, in modo dettagliato, per ogni singolo ruolo affidato in riscossione, sull’attività di notifica delle cartelle esattoriali, sulle procedure cautelari ed esecutive già intraprese o da intraprendere, nonchè di riferire sull’esito delle stesse, quantificando altresì il presumibile valore di realizzo delle partite di che trattasi”. Niente.

La Serit, dal canto suo, contestava quelle cifre, spiegando che nel periodo che va dal 2000 al 2011, “è emerso che la percentuale delle cartelle di pagamento notificate raggiunge una cifra che, dai rilievi condotti, supera il 95%”, e calcolando che,  su un complessivo da 184 milioni di euro, il debito sarebbe ammontato a 62 milioni di euro.

Spiegazione che non ha convinto il Comune, e che ha messo d’accordo ben tre amministrazioni: la prima, quella guidata da Giuseppe Buzzanca, che ha promosso nel 2012 l’azione contro la Serit Sicilia per il risarcimento dei danni, la seconda col commissario Luigi Croce, che tentava infruttuosamente di risolvere la questione per via stragiudiziale, e quella di Renato Accorinti, che nel 2014 portava il giudizio davanti alla Corte dei Conti “per l’accertamento dei crediti riscossi non versati e per il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento contrattuale che sarebbe stato eventualmente accertato”. I magistrati contabili ritenevano ammissibile il ricorso nel 2016, e con una nota del 2017 davano a Riscossione Sicilia l’onere di dimostrare la corretta rendicontazione. In ballo ci sono 62 milioni di euro di “indennizzo pari al non riscosso“.

 

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Alfredo
Alfredo
17 Ottobre 2017 23:39

Non posso commentare rischierei troppe denuncie dicendo apertamente quello che penso su coloro che sbandierano ideali politici.

Alfredo
Alfredo
17 Ottobre 2017 23:41

Non credo a politici puliti