MESSINA. Dovranno risarcire la cifra di 55 mila euro per aver tentato di pilotare un concorso a Veterinaria. Si tratta della nota vicenda giudiziaria scaturita dalle denunce del professore Giuseppe Cucinotta, docente di Veterinaria. Sono 12 professori dell’Università di Messina condannati adesso al risarcimento dai giudici della sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti per la Regione siciliana: Francesco Tomasello (ex rettore), Giovanni Germanà (ex preside della facoltà di Veterinaria), Battesimo Consolato Macrì, Salvatore Giannetto, Pietro Paolo Niutta, Antonio Pugliese, Santo Cristarella, Giuseppe Pedimonte, Antonina Zanghì, Francesco Naccari, Marisa Masucci, Maria Grazia Pennisi, (docenti e componenti del Consiglio di facoltà Veterinaria). Dovranno risarcire l’ateneo di 55 mila euro per avere tentato di pilotare un concorso, bloccando l’assunzione del professore associato Filippo Spatola, che era stato ritenuto idoneo dalla commissione esaminatrice.

Tomasello e Macrì dovranno risarcire ciascuno 9.500 euro. Germanà e Giannetto 5.500 euro ciascuno. Pugliese e Niutta 4.500 euro. Cristarella, Piedimonte, Zanghì, Naccari, Masucci e Pennisi 2.694 euro.

Lo scorso febbraio la Cassazione aveva confermato sei condanne per il tentativo di pilotare un concorso alla facoltà di veterinaria al centro di un’inchiesta del 2007 che si è anche occupata della gestione dei fondi del progetto scientifico Lipin.

Il processo d’appello si era concluso con la condanna per Tomasello a 2 anni e 6 mesi, per l’ex preside Battesimo Macrì  3 anni, per Antonio Pugliese 2 anni e 2 mesi, per Giuseppe Piedimonte 4 anni, per Stefano Augliera 2 anni e 7 mesi, per Capodicasa e Saccà 2 anni.

Il processo  era scaturito da un‘indagine della sezione di Pg della Guardia di Finanza, avviata con le dichiarazioni del professore Giuseppe Cucinotta, docente di Clinica chirurgica e Patologia chirurgica presso il dipartimento di Chirurgia e fisiopatologia della facoltà di Veterinaria. Il docente aveva dichiarato di essere stato destinatario di pressioni affinché,  quale componente della commissione, orientasse l’esito del concorso per un posto di professore associato a favore del figlio del professore  Macrì. Le pressioni non sortirono nessun effetto.

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