stragi-di-mafia

Un post su Facebook al vetriolo: “Le nostre scelte ci qualificano. Chi vota Fava aiuta le destre impresentabili e postfasciste di Musumeci, chi vota Fabrizio Micari porta al governo della Regione Franco La Torre, figlio di Pio”, così scrive Davide Faraone, sottosegretario alla Salute, uomo di Renzi in Sicilia, di fatto sventolando il nuovo simbolo antimafia contro gli avversari elettorali.

Sono d’altronde le elezioni siciliane, una terra martoriata dal fenomeno criminale che entra per forza di cose nell’agone politico.  Un agone, tuttavia, che rischia di svilirne la serietà e di trasformarlo in vessillo da competizione.

Questo d’altronde fa Faraone utilizzando immediatamente Franco La Torre, figlio di una vittima di mafia, come clava contro l’altro candidato a sinistra, Claudio Fava, che da par suo utilizza uno slogan “cento passi” di chiaro riferimento a un altro simbolo dell’antimafia, ovvero Peppino Impastato, il cui biopic si intitola appunto “cento passi”, quindi moltiplicando i riferimenti antimafiosi che già lo contraddistinguono e scatenando la reazione del fratello di Peppino, Giovanni Impastato, che aveva annunciato perfino una denuncia contro il candidato di Mdp – Articolo 1 contro lo sfruttamento indebito del nome del fratello, poi ravvedendosi (il titolo cento passi, però, è stato creato proprio da Fava).

Lo scontro elettorale pare così concentrarsi su chi ha più simboli, su quali siano i più legittimi e quali siano mera facciata o meno.

Da un lato, Nello Musumeci, il candidato della destra, e presidente della commissione regionale antimafia dell’Ars.

Dall’altro, Claudio Fava, figlio di quel Pippo ucciso dalla mafia, e vice presidente della Commissione antimafia nazionale.

Poteva dunque, Fabrizio Micari, candidato nel centro – sinistra, farsi mancare pure lui un vessillo antimafia?

Ieri mattina a Catania Micari ha presentato Franco La Torre come assessore designato di una giunta da lui formata nel caso in cui dovesse diventare governatore. Franco è figlio di Pio La Torre, il segretario regionale del Pci brutalmente ucciso nell’aprile del 1982 in un agguato mafioso. Non appena presentato, La Torre è diventato soggetto del post di Faraone.

Nel frattempo, il candidato Cinque stelle, Giancarlo Cancelleri, viene accusato di non parlare mai di mafia, di non farne accenno in nessun incontro pubblico o comizio.

Mentre la Commissione antimafia guidata da Rosy Bindi sta per sbarcare sull’isola per controllare le liste elettorali.

In un modo o nell’altro, dunque, la mafia tiene banco e tiene alto il livello di confronto politico tra le parti. E non poteva essere diversamente, ma diversamente può e deve essere affrontato da tutti i candidati: si vorrebbe poter distinguere  tra una competizione elettorale e una gara a chi è più antimafioso.

 

 

 

 

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