MESSINA. “Non ci risulta alcun caso. Fosse stato vero avremmo attivato tutte le procedure necessarie a tutela della salute pubblica”. La smentita della Prefettura è categorica: alla caserma Gasbarro di Bisconte non c’è traccia di malaria.

“Gli ultimi controlli sono stati fatti lo scorso 22 settembre e al momento non sono necessari ulteriori accertamenti – spiega la dottoressa Matilde Mulè – Nel caso in cui venisse diagnosticato un caso di malaria, le segnalazioni sarebbero tempestive”. E così non è stato, malgrado l’allarmismo creato sui social e un’interrogazione dei consiglieri Alessandro Cacciotto, Libero Gioveni e Nino Carreri, che in un nota chiedevano al sindaco Renato Accorinti di fare chiarezza per tranquillizzare i residenti “sconvolti e preoccupati”. «Smentiamo categoricamente la notizia – ribadisce la dottoressa Caterina Minutoli – Fosse vero avremmo già attivato tutte procedure necessarie”.

A destare la preoccupazione dei cittadini era stata la segnalazione, su Facebook, di due presunti casi di malaria all’interno del centro migranti, sebbene alla caserma di Bisconte non sia presente un laboratorio per diagnosticare la malattia né i test rapidi che consentono di rilevare la presenza del parassita prelevando una goccia di sangue da un dito del paziente, come spiegano del centro Malattie Infettive del Policlinico.  Qualora venisse riscontrato un caso di contagio, la segnalazione inoltre verrebbe inviata immediatamente all’Asp, che ha il compito di attivare i dovuti protocolli.

MIGRANTI E MALARIA, FACCIAMO CHIAREZZA. Gli ultimi casi si sono verificati in Campania, con la segnalazione di due malati gravi all’Ospedale Cotugno negli ultimi quindici giorni, portando a sei (tre adulti e tre bambini) le diagnosi di malaria in zona da agosto ad oggi. Un picco epidemiologico (la media è di 30 casi registrati ogni anno) legato ai frequenti viaggi che le popolazioni immigrate residenti in Italia, ma non solo,  compiono durante le vacanze nelle zone di origine (soprattutto Africa e Asia), dove la malaria è endemica e dove è possibile venire in contatto con la zanzara che diffonde la malattia.

Il “vettore” del virus ha un nome specifico: Anopheles Meigen, una tipologia di zanzara non più presente in Italia (salvo rari casi oggetto di studio) grazie a bonifiche e disinfestazioni compiute a metà del secolo scorso nelle zone paludose.  «In assenza di questa specifica zanzara – spiega in un’intervista al Mattino Carlo Tascini, primario del reparto di emergenze infettivologiche del Cotugno – non vi può essere contagio». Per contrarre la malattia, infatti, sono fondamentali due fattori: una persona malata e una specifica zanzara che la punge. 

 

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Ma come fa la zanzara ad arrivare in Italia e a permettere il contagio? E cosa c’entrano gli sbarchi? A spiegarlo è Aldo Morrone, infettivologo di fama mondiale e primario di Malattie tropicali all’ospedale San Gallicano di Roma, con una lunga esperienza in ambito migratorio e di lavoro in zone malariche al confine tra Eritrea ed Etiopia. «Associare i migranti alla malaria è scientificamente ridicolo. “Controlliamo gli immigrati’ si dice, e allora lasciamo liberi i turisti, i lavoratori che vanno in queste aree rischiando la morte per non aver praticato la chemioprofilassi. “La malaria viaggia nelle valigie degli immigrati”, si afferma ancora. Avete mai visto un immigrato sbarcare da un barcone con la valigia? Non siamo a Ellis Island. E se anche fosse, la zanzara sarebbe morta da tempo. Solo nelle vicinanze degli aeroporti che hanno linee dirette con l’Africa e quindi una rapidità di trasferimento dell’Anopheles, potrebbe accadere, come già è avvenuto, in particolare in Francia. Ne sanno qualcosa i lavoratori degli aeroporti e gli abitanti vicini”, conclude l’esperto.

A “discolpare” i migranti giunti in Italia sui gommoni, come si legge sul Post, anche Fabrizio Pregliasco, virologo presso il dipartimento di Scienze biomediche per la Salute dell’università degli studi di Milano, secondo il quale le zanzare Anopheles responsabili del contagio possono essere arrivate in Italia da turisti “attraverso valigie o giacche, piuttosto che da migranti che viaggiano in ben altre condizioni”. Conferme anche da Alessandra Della Torre, docente associata di parassitologia dell’Università La Sapienza di Roma: «Le zanzare possono viaggiare in aereo, nei container delle navi e così via. Il rischio non è quindi tanto legato agli immigrati, quanto ai viaggi nelle aree a rischio».

 

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Pippo
Pippo
26 Settembre 2017 12:46

Veramente un ottimo articolo, di buon giornalismo.
Grazie