Quando qualcosa è “fatta col cuore” e non con la testa, va a finire che nove volte su dieci l’intenzione è nobile, il risultato disastroso. Prima gli sgangherati manifesti per pubblicizzare nuovi servizi offerti dall’Atm ai turisti. Poi, sempre a beneficio dei turisti, il video per presentare ai croceristi delle navi Msc, “le bellezze di Messina”, forse anche più sgangherato dei manifesti. In meno di una settimana il comune di Messina distrugge due iniziative assolutamente meritorie con una realizzazione che definire dilettantesca e pasticciona è davvero un complimento.

Questo suggerirebbe un paio di riflessioni. La prima, così si rende a Cesare quello che gli appartiene e si sgombera il campo dagli equivoci, è che nessuno ci ha pensato prima, quindi almeno la volontà c’è stata: le navi da crociera approdano a Messina da almeno quindici anni, e il problema di far conoscere ai turisti cosa avrebbero trovato una volta sbarcati, non era passata per la testa a nessuno, prima. Ma i lati positivi si fermano qui. Perché il resto è, a vario titolo, un disastro.

Appurato che non è la volontà a mancare, è chiaro che mancano i soldi. Il bando per guidare la comunicazione dell’Atm è stato ritirato in autotutela, di fondi da destinare al marketing territoriale non se ne parla. Anche perché, in città, qualsiasi centesimo si sposti è sottoposto alla rigidissima spending review di chi “invece di destinarli a X era meglio spenderli per Y”, perché per definizione le priorità sono sempre e comunque “ben altre”. La ridicola vicenda dei 120mila euro per il Dalai Lama, una stupidaggine clamorosa che ancora qualcuno senza alcun rispetto per la propria intelligenza considera vera, ne è di monito. E quindi la comunicazione, la cura dell’immagine, il marketing, in una parola la vetrina di quanto di valido si possiede, la si fa coi fondi di magazzino, coi programmini di Windows 95, con quello che passa il convento.

L’unica cosa che questa città è in grado di offrire, perché per decenni non si è saputo creare altro se non quello che la natura e qualche generazione più accorta e avveduta delle ultime dieci o venti hanno fatto, viene trattata come la Cenerentola. Questa l’immagine di se che si dà ai turisti, gli unici ad aprire seppure un minimo un’economia domestica che produce e consuma da Ponte Gallo a Giampilieri, invece di spenderci sopra fino all’ultimo centesimo utile.

E però quello dei soldi non può essere l’alibi. Non di questa giunta. Perché se ai soldi che mancano non c’è modo di ovviare, la carenza di fantasia è il più grave dei torti che l’amministrazione di Renato Accorinti poteva fare a chi ci ha creduto e l’ha sostenuta. Il manifesto di supporto alla candidatura di Accorinti era lungo due metri, e imbottito di musicisti, storici, artisti, videomakers, intellettuali: fantasia al potere della quale non si è vista traccia, in una giunta che della creatività avrebbe dovuto fare la sua arma vincente. Ma non si è vista traccia nemmeno di un cambio di rotta a costo zero, di un rapporto coi settori artistici cittadini, del coinvolgimento delle decine di operatori di cultura ed arte che quattro anni e mezzo fa facevano a spintoni per firmare il manifesto di supporto alla candidatura di Accorinti e che oggi invece si sono defilati fischiettando. O non sono mai stati chiamati a dare una mano d’aiuto. Pagati, possibilmente, e non trattati come chi non ha molto da fare e quindi può farlo gratis.

Questo suggerisce un’altra riflessione, altrettanto amara, che riguarda il rapporto conflittuale che questa città ha dimostrato, da sempre, con la creatività: grafica, video, ma anche restauri, riqualificazioni, storia, arredo urbano, architettura, comunicazione, arte in generale. Attività che sono viste come qualcosa che sta appena un gradino sopra al capriccio, ma svariati sotto il necessario e l’indispensabile: tranquillamente surrogabili, appaltabili al primo che passa, da far curare a chi abbia buone intenzioni ma scarsissimo talento e nulla professionalità, con la complicità di una committenza, in questo caso il Comune, che non sa cosa vuole, non sa come ottenerlo e si accontenta del primo aborto disponibile perché “è gratis”. A nessuno verrebbe in mente di farsi curare da un geometra o farsi rifare l’impianto elettrico di casa da un avvocato. Di prendere in consegna l’immagine della città davanti a chi la città non la conosce invece si.

C’è la convinzione da inizio secolo scorso che qualsiasi cosa abbia anche solo minimamente a che fare con la creatività non sia un mestiere, la concezione da rivoluzione culturale maoista per cui il lavoro sia solo quello in cui si suda e ci si fanno i calli, l’ingenuità di pensare che basti lo spettacolo dello Stretto e la fragranza della brioscia affogata nella mezza con panna perché chiunque arrivi in città possa perdonare sciatteria, pressappochismo, improvvisazione, confusione, cialtroneria.

L’equazione, anche per chi non è ferratissimo in matematica, è molto semplice: mancanza di soldi, e mancanza di fantasia uguale intenzione nobile, ma risultato disastroso. Come molte delle azioni amministrative di questa giunta. Delle quali chiunque, ma proprio chiunque, fosse in buona fede, ha provato ad apprezzare la volontà, l’afflato, l’entusiasmo pasticcione. Che purtroppo non sono bastati. “Si visti u cori”, dicevano gli antichi. Ecco. Da ora in poi, meno cuore. E un po’ di cervello in più, se possibile.

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