MESSINA. Una tragedia senza colpevoli. Una disgrazia senza responsabili. Dieci anni fa, il 22 agosto 2007, il fuco che stava divorando Patti ha richiesto il suo tributo in vite umane, quando nel rogo dellʼagriturismo Rifugio del falco” di Patti, a perdere la vita tra le fiamme sono stati due nuclei familiari: Costantino Cucinotta, la cognata Lucia Natoli, la madre di lei Rina Maffolini e suo marito, morto qualche settimana dopo a causa delle ustioni, Matteo Cucinotta, fratello di Costantino. Insieme a loro, a perdere la vita esono stati anche Concettina Scafidi e Giuseppe Buonpensiero, di Patti, che nellʼagriturismo ci lavoravano.

Un’apocalisse che, dissero allora a Patti, “si poteva evitare”. Non sono le frasi di retorica di chi attacca costringendo le istituzioni ad una difesa spesso ipocrita e poco credibile. E’ lo stato di fatto. «La montagna dietro contrada Moreri bruciava da due giorni, non ci crediamo che in ventiquattrore non si fosse trovato tempo e modo di domare un incendio», si dichiarava, in quel 22 agosto del 2007, in piazza. Le cronache, in quei momenti, parlavano di una sequenza di eventi agghiacciante: i soccorsi che si concentrano nei pressi di una stazione di servizio, il vento che cambia direzione e le fiamme che salgono verso l’albergo.

Le fiamme andavano in direzione mare, verso la pompa di benzina. Si temeva che scoppiasse. Poi, all’improvviso, il vento è entrato in un canalone, ha preso velocità ed ha cambiato direzione. Il Rifugio del Falco sorgeva su un’altura, l’effetto camino ha alimentato le fiamme. Ed è bruciato tutto in un paio di minuti.

A trovare la morte, tra le fiamme, due nuclei familiari: Costantino Cucinotta, messinese di nascita, viveva a Cislago, in provincia di Varese, dal 1989. Da lì era arrivato a Patti per festeggiare il compleanno del fratello, Matteo, sindacalista molto noto a Messina e Milazzo, morto anche lui dopo lunghissimi giorni di agonia. Lucia Natoli, moglie di Matteo Cucinotta, è morta mentre cercava di mettersi al riparo dalle fiamme, insieme alla madre Rina Maffolini. Aveva cinquantanove anni, ed era la responsabile dell’ufficio servizi sociali per i minori del Tribunale di Messina. Lo stesso terribile destino ha colpito Concettina Scafidi, trentanovenne di Patti. Sposata, e con una figlia, la donna lavorava all’agriturismo “Rifugio del Falco” come cameriera ed aiuto cuoca. Fatale, per lei, il tentativo di sfuggire alle fiamme mettendosi in fuga con l’auto, così come per il collega Giuseppe Buonpensiero.

Di chi furono le responsabilità per l’accaduto? Di nessuno, a quanto pare. Secondo il perito Giovanni Bovio, docente del Politecnico di Torino nominato dal tribunale di Patti, l’incendio fu il “frutto di un imprevedibile sistema caotico complesso, con un effetto camino ed una variabilità causata dal vento e dalla temperatura del fuoco che cambiavano continuamente direzione”. Qualche giorno dopo il rogo mortale, furono arrestati due allevatori di Montalbano, Mariano e Carmelo La Mancusa, accusati di aver appiccato fuoco a delle sterpaglie in contrada Moreri, che da lì si sarebbe propagato fino a ingoiare nelle fiamme il Rifugio del Falco. Dopo sette anni e mezzo, a marzo del 2015, il primo dei due fratelli, Mariano La Mancusa, è stato condannato in primo grado a cinque anni e mezzo, il secondo è stato assolto. Assoluzione anche per altri tre imputati, dipendenti della Forestale. Per il titolare dell’Agriturismo, Santi Anzà, era stata chiesta una nuova perizia, che lo ha portato all’assoluzione qualche mese dopo, ad ottobre del 2015: accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni personali, è stato assolto dal tribunale di Patti perché il fatto non sussiste.

Da dieci anni, l’osservatorio intitolato a Lucia Natoli celebra la giornata in cui Lucia ha trovato la morte insieme ad altre cinque persone. Da dieci anni ci si interroga. E per dieci anni nessuna risposta è ancora arrivata.

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