Giorni fa, a Messina si è anticipato, ad iniziativa dell’assessore all’urbanistica, quasi per caso, il senso di una traccia, tra altre, del tema della maturità. Quella che si rifaceva al poeta Giorgio Caproni e che diceva pressappoco quello che avevamo giorni prima ascoltato nella lectio magistralis di Salvatore Settis.  Appunto diceva di <equilibro dinamico tra azioni umane e fenomeni naturali come chiave per affrontare il progresso>, quindi anche morale e civile.  Una traccia in linea con le sfide “che la società contemporanea pone”, anche nella relazione tra ambiente e comunità. Ecco: “ …Non uccidete il mare, la libellula, il vento…L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore. Dove sparendo la foresta e l’aria verde, chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto: Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l’uomo, la terra…”.   

La terra, il territorio come memoria sedimentata. Un paesaggio mai limitato a ciò che l’occhio vede, che appare immenso alla mente e che poi provvede a riordinare i ricordi dando loro significato e freschezza, come una storia del giorno prima. Quel nostro vecchio mondo, un mondo impastato di tante cose, dove nascono e muoiono gli uomini… dove continueremo a guardare, a leggere, a pensare, a scrivere, e ad amare ed a odiare, a lottare, a piangere ed a ridere…

Risalendo al Cattaneo, Gambi, a proposito di “virtù attrattiva…tanto grande che superi l’ asprezza de’ luoghi…”,  dirà che “il sito è l’opportunità del luogo”, ma in sé il luogo non ha valore, se non è preso in mano e rielaborato dagli uomini. È la “ comunità umana che crea intorno a quel sito un corpo inseparabile”. 

Invece il paesaggio resterà il “grande malato d’Italia”, scrive Settis. 

La sua ricognizione è drammatica.  E ci ricorda che “l’espansione dell’urbanizzazione ha conosciuto negli ultimi decenni una accelerazione senza precedenti, prodotta in assenza di adeguata pianificazione”  Un antropologo ricorda che “l’equilibrio storico tra popolazione e territorio è già compromesso o al punto di collassare”.  E Settis aggiunge che la forma urbis è come scoppiata e che le pesanti conseguenze, non solo sulla qualità del territorio ma sulla qualità della vita, dovrebbero essere evidenti, eppure c’è una costante spinta al peggio. Così ci si rifarà anche alla ricostruzione del dopo terremoto… a come la forte, volontà dei superstiti sembrerà esaurirsi nel mantenimento del sito. Ma da questo non deriveranno ritorni di ruolo o di antiche funzioni. La tesi di Gambi sul ripopolamento di Messina è che è avvenuto “ad opera in più saliente misura di famiglie provenienti dai comuni rurali delle aree prossime… di mediocri impresari e trafficanti provenienti da regioni settentrionali..” Tra questi anche committenze e  professionalità? Sociologi fanno discendere “l’inaridirsi” dei “messaggi pervenuti da un passato non lontano”, da un uso del potere “spregiudicato ed obliquo”; un potere …quasi separato dalla città, con logiche di tipo familistico con forti ed esclusivi vincoli di appartenenza. E Settis ha tra l’altro confutato la tesi dell’ essenzialità del costruire al fine di occupazione o di sviluppo.  Sarebbe un fatto ulteriormente compromissorio, dice: qui il tema resta quello del riordino dell’esistente, del recupero della qualità urbana, degli interventi per rimodellare e risanare periferie e insediamenti esterni, per rivalutare le complessive valenze paesaggistiche. 

Le città e le stanze del territorio, nella metafora di L.B. Alberti, che “nel loro montaggio complessivo, si catalizzeranno nei luoghi di maggiore dinamismo”: e saranno connessione, in una maglia di gravitazioni e di gerarchie.  Ma si sarebbe dovuto dare forma a un piano di generali riconsiderazioni capaci di tener conto “contemporaneamente” di tutti i fattori sociali, culturali, “i soli che potranno modificare le condizioni di vita”, diceva Adriano Olivetti, prima che Campos Venuti parlasse di terza generazione dell’urbanistica.

La “promessa urbana”, resterà una sfida: si dovrà nuovamente rintracciare una più generale sperimentazione di opzioni culturali, per mappe di capitale sociale, finalizzato ai temi di qualità della convivenza. 

Per questo ho voluto sottolineare la coincidenza tra i colloqui con Settis e i bellissimi versi di Giorgio Caproni, proposti come tema per la maturità. Ci diceva infatti il nostro accademico dei Lincei che la scuola non dovrebbe essere “mero serbatoio di nozioni, ma vivaio di una coscienza critica…principale ingrediente per la vita associata…E poi aggiungeva che il fatto che “la tutela del paesaggio sia fra i principi fondamentali dello stato” , nella Costituzione cioè, è in questa necessaria battaglia un’arma importante, anzi la più importante, politicamente e giuridicamente, la più efficace di tutte le leggi nazionali e regionali. Saranno necessari progetti ed azioni, certo, ma intanto, con questa consapevolezza, se si vorrà, si potranno recuperare compromissioni dovute a mercimoni e a storiche manomissioni. Soprattutto se ne potranno impedire altre più “attrezzate” a impedirci il futuro. Ci consentiranno in altre parole  “durabilità” , come dicono i francesi riferendosi, in modi anche linguisticamente più efficaci, a quella che noi chiamiamo “sostenibilità”.

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