MESSINA. Sono stati necessari quarantasei anni, poi, finalmente, la luce. La tomba a camera di largo Avignone, ai piedi della scalinata che conduce alla caserma Zuccarello, è aperta al pubblico. Di nuovo, dopo 2400 anni.

Tanto è vecchia la stanza muraria dell’antichissima necropoli, scoperta nel 1971 da Franz Riccobono, l’esperto di storia e vicende messinesi, e gli allora ragazzi del circolo “Codreanu”, durante i lavori di realizzazione dell’attuale scalinata, e da allora destinata a deposito, ricettacolo, discarica. A tutto, fuorchè a monumento, in una città che i suoi monumenti li tratta male come pochi altri posti al mondo, e pure fortuitamente, dato che la camera è oggi ancora intatta solo grazie ad una modifica de progetto originale della scalinata che da via Cesare Battisti conduce a via Orti della Maddalena.

La datazione è stata effettuata dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, per anni direttore del museo archeologico di Lipari che oggi gli è intitolato. A condurre lo scavo, a studiare la tipologia di sepoltura e a far prendere coscienza dell’origine dell’area fu però il compianto Giacomo Scibona, docente dell’Università di Messina con il quale l’archeologia di Messina e provincia ha un debito enorme.

Cosa c’è dentro la necropoli? Il pezzo forte è la camera con tre letti di giacitura per i morti, ma anche una tomba a pianta quadrata a gradoni (“Epytimbion”), ed altri tipi di sepoltura anche ad incenerizione. Subito dopo la ascoperta, ad inizio anni ’70, il sito fu aperto e visitabile. Poi basta, oblio. La stanza fu adibita prima a magazzino per strumenti di scavo, poi a deposito: all’interno, infatti, sono state incredibilmente accatastate diverse centinaia di cassette di legno con dentro reperti archeologici. 

Qualche anno fa, alla fine, si è deciso di intervenire. Il primo passaggio è stato politico: la VIII commissione consiliare alla Cultura, presieduta da Piero Adamo, ha promosso il recupero, coordinando, dopo una seduta di inizio ottobre 2016 svolta nell’ambito del ciclo “La Cultura è Economia”, la sinergia nata fra Istituzioni ed associazioni. Al lavoro c’erano Lions Club “Messina Host”, Associazione “Compagnia Rinascimentale della Stella”, Associazione “Amici del Museo di Messina”, Archeotouch S.r.l., Associazione Universitaria “Atreju – La Compagnia degli Studenti”, Associazione Ambientalista “Fare Verde”, Movimento “Vento dello Stretto”, Associazione D’aRteventi. In tutto cinquantasette volontari, tra i quali l’allora assessore alla Cultura Daniela Ursino, presente all’inaugurazione insieme al successore Federico Alagna, e all’assessore regionale Carlo Vermiglio. SUpporto è arrivato anche dalla Soprintendenza, e dal liceo artistico Basile, i cui studenti hanno realizzato i murales con le monete antiche all’esterno del sito archeologico.

Tutta l’operazione di recupero è costata meno di cinquemila euro, in gran parte (oltre tremila euro) sostenuta da Lions Club Messina Host, il resto da autotassazione delle associazioni, e a titolo personale da Piero Adamo, Daniela Ursino e dalla dirigente della sezione per i beni archeologici della Soprintendenza messinese Gabriella Tigano. Il comune ha fornito i mezzi pesanti, alla manodopera ci hanno pensato i volontari.

 

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Marilenascanu
Marilenascanu
10 Giugno 2017 12:58

Finalmente ! Ora è necessario organizzare le visite e rendere pubblico il calendario