Se ne parla poco, ma la Lettera inviata dalla Madonna ai messinesi (che ha dato origine al culto e alla  Festa odierna), secondo il testo riportato, conterrebbe un palese errore: la data, il 42 d.C.. Già, perché l’adozione dell’attuale conteggio degli anni in prima e dopo la nascita di Cristo inizia dal VI secolo in poi, andandosi poi a definire nei diversi territori. Eppure, secondo la traduzione di Costantino Lascaris (1434-1501), che di fatto dà origine alla tradizione, e le successive, Maria scrive nella lettera: “Anno Fili nostri XLII. Ind. I. II. Nonas Junii, Luna XXVII”.

Così scrive Enrico Pispisa, docente di Storia Medievale all’Università di Messina scomparso anni addietro, in L’Iconografia specchio di Messina barocca, prefazione alla Iconografia della Gloriosa Vergine Maria…di Placido Samperi (rist.), Messina 1991, Intilla Editore: “Nei secoli XVI e XVII il culto della Vergine della Lettera che, come si sa, era stato diffuso a partire dal Quattrocento con la presunta traduzione di C. Lascaris, acquistò nuovo vigore non solo perché, attraverso la sua affermazione, poteva essere combattuta con successo la lotta per la supremazia contro Palermo, ma anche e specialmente perché nuova e decisiva linfa gli veniva dall’impulso impresso alla devozione mariana dal Concilio di Trento e da tutto il movimento controriformista (…). La venerazione della Vergine diede l’esca ad un’intensissima attività tipografica (…). In effetti, il culto della Madonna della Lettera, tollerato e, entro certi limiti, incoraggiato dalla Chiesa, fu sempre inteso dalla Curia romana come forma importante di devozione alla Vergine, ma al contempo destituito di ogni fondamento storico: la famosa epistola, infatti, non è mai stata inserita fra gli scritti canonici”.

Un altro storico che analizza laicamente la vicenda è Giuseppe Lipari: “Il culto della Madonna della Lettera a Messina (…) ripropone ad esempio il modello, già sperimentato con la vicenda di San Placido, di una gestione apertamente propagandistica di tradizione e fatti religiosi, ma si ricollega pure direttamente alla prospettiva culturale aperta dal volume di Alberto Piccolo (…). Si tratta in fondo di alimentare quel clima di esaltazione religiosa ritenuto indispensabile in una lotta che si prevede di lunga durata e di vasta portata (…). Questo orientamento (…) assume un carattere più marcato a partire dal 1636 con decreto senatorio che, dichiarando festa di precetto il 3 giugno (…) stabilisce precise modalità per lo svolgimento delle celebrazioni (…). Nato per consolidare l’egemonia nobiliare sulle diverse componenti della società messinese, il culto della Madonna della Lettera diventa ben presto lo strumento principale di un processo collettivo di riaffermazione della identità cittadina (…)” (G. Lipari, Cultura, politica e società nella Messina del XVI secolo, prefazione alla Iconografia della Gloriosa Vergine Maria…di Placido Samperi (rist.), Messina 1991, Intilla Editore)

A non riconoscere l’autenticità del documento (e in particolare il passaggio che lo riguarda – considerato una interpolazione successiva – nel Chronicon Omnimodae Historiae dello storico Flavio Lucio Destro del IV-V secolo d.C.), è anche il Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), raccolta delle iscrizioni latine di tutto il mondo romano, pubblicata dall’Accademia di Berlino e iniziata nel 1863 sotto la guida di T. Mommsen, in cui la Lettera mariana è inserita tra le iscrizioni siciliane falsae.

L’ultimo fronte che, secondo i detrattori della tradizione, dimostra la natura posticcia del documento e delle origini “recenti” del culto è la sua rappresentazione iconografica. Infatti, prima del Seicento, non esistono raffigurazioni della Madonna della Lettera. Un disamina completa, a firma di Felice Irrera, è leggibile qui.

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