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Carlo Alberto Dalla Chiesa, dalle Br a Cosa Nostra

 

 

«Qui è morta la speranza dei palermitani onesti». Una scritta, affissa su un muro in prossimità del luogo dell’attentato, il giorno successivo alla strage, che testimonia il dolore e lo sconcerto di un’intera città dopo la morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa,  nominato qualche mese prima prefetto di Palermo dal Consiglio dei Ministri nella speranza di ottenere contro Cosa Nostra gli stessi brillanti risultati ottenuti nel decennio precedente contro le Brigate Rosse.

È il maggio del 1982 quando Dalla Chiesa rientra in Sicilia per la terza volta, convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall’ordinario per contrastare la guerra tra le cosche che insanguinava l’isola. Un’assicurazione smentita poi dallo stesso generale, che lamentò più volte il mancato rispetto degli impegni assunti dal Governo:  “Mi mandano in una realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì“.

Passano appena tre mesi e ai carabinieri di Palermo arriva una telefonata (probabilmente ad opera del boss Filippo Marchese) in cui si preannuncia l’attentato al Generale: «l’operazione Carlo Alberto è quasi conclusa”.  Un mese dopo, il 3 settembre, intorno alle 21, la A112 sulla quale viaggia il Prefetto, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, viene affiancata da una Bmw dalla quale partono alcune raffiche di Kalashnikov.  Nello stesso momento l’auto con a bordo l’autista e agente di scorta, Domenico Russo, viene raggiunta da un’altra micidiale raffica. Due giorni dopo, al quotidiano La Sicilia, arriva un’altra telefonata anonima: L’operazione Carlo Alberto è conclusa”.

ll giorno dei funerali, che si tennero nella chiesa palermitana di San Domenico, una grande folla protestò contro la classe politica, con parecchi attimi di tensione tra la folla e le autorità, sottoposte a lanci di monetine e insulti al limite dell’aggressione fisica. Solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne risparmiato dalla contestazione, mentre la figlia del Prefetto pretese che fossero immediatamente tolte le corone di fiori inviate dalla Regione Siciliana.

Un triplice omicidio con tante zone d’ombra che si consuma cinque mesi dopo l’assassinio di Pio La Torre e che sarà decisivo per l’approvazione della legge Rognoni-La Torre, che introdusse, molto tardivamente, il resto di associazione mafiosa.

 

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