Insomma, la proposta di Iuvara non è fra le più fondate per il semplice motivo che la ricerca alla base del suo libro non è né rigorosa né aggiornata. Ecco due esempi: uno, definire «studioso di Oxford» il giornalista americano Charlton Ogburn è non solo impreciso, ma anche subdolo, perché si sfrutta la carta (falsa) di Oxford per dare una patina di autorevolezza a una teoria avanzata da chi Oxford non l’ha vista neppure con il cannocchiale. Due, Iuvara avrebbe dovuto considerare le pubblicazioni più recenti, quelle cioè uscite nella seconda metà del XX secolo e che dimostrano l’infondatezza delle teorie antistratfordiane, e a sua volta confutarle. Però non l’ha fatto. Anzi, lui e quelli come lui si lagnano di non essere presi sul serio dalla cultura accademica ufficiale. Nulla di più falso. Esiste infatti un’ampia letteratura scientifica che analizza senza preconcetti le versioni “minoritarie”: mi limito a segnalare solo l’acuta sintesi di Paola Pugliatti in un suo articolo dal titolo The Burden of Proof: from New Biographism to New Disintegration, uscito nella rivista «Memoria di Shakespeare» del 2012.

 

“Definire «studioso di Oxford» il giornalista americano Charlton Ogburn è non solo impreciso, ma anche subdolo, perché si sfrutta la carta (falsa) di Oxford per dare una patina di autorevolezza a una teoria avanzata da chi Oxford non l’ha vista neppure con il cannocchiale”

Il bello è che, come dicevo all’inizio, la leggenda di Shakespeare messinese (ormai possiamo definirla tale), lungi dall’essere definitivamente seppellita e dimenticata, continua incredibilmente ad alimentarsi col fuoco dell’ignoranza. Lasciamo stare l’assurda puntata di Voyager, già recensita da Aldo Grasso, e prendiamo in esame l’articolo di Richard Owens («The Times», 8 aprile 2000), che parla del libro di Iuvara: parole definite «sorprendentemente accondiscendenti» verso l’autore del saggio, al punto che persino un’antologia scolastica le richiama, pur ammettendo che l’ipotesi-Florio è priva di reale fondamento. Ora, una lettura un po’ meno ingenua di questo trafiletto del «Times» rivela non tanto toni conciliatori verso Iuvara, bensì il trionfo dell’understatement britannico nella prosa di un giornalista imbarazzato di fronte alla notizia che deve dare, ma che deve a tutti i costi sforzarsi di presentare in modo neutrale e imparziale. Vediamo come. Owen innanzitutto riprende un’intervista uscita sul settimanale «Oggi» e si limita a riassumerne il contenuto, ma quando deve intervenire in prima persona usa una serie di spie linguistiche e stilistiche che in inglese marcano la distanza fra chi scrive e quanto è scritto e sminuiscono l’importanza di quanto affermato: l’uso delle virgolette nella principale («The mystery… has been “solved”», cioè «Il mistero… è stato “risolto”»); e il verbo to claim, che vuol dire ’sostenere, affermare’, senza coinvolgimento dell’autore.

 

 

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patrik giovanoli
5 Marzo 2017 12:32

Ho letto con molto interesse. Dei Florio si sta parlando molto, sempre più. È corretto studiare e capire l’apporto alla lingua inglese da parte di John in paticolare e fare conosce al pubblico i due grandi eruditi.
Un cordiale saluto da Soglio, dove Michel Angolo e Jonh Florio abitarono e vissero un periodo sereno.

Patrik Giovanoli

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 16:54

Vede, caro compilatore, che pare aver letto solo di sfuggita le opere di Shake-speare e senza avere svolto una comparazione linguistica decente, il paragone Salgari-Shakespeare è quanto di più trito e superficiale si possa fare: perchè Salgari va all’arrembaggio di luoghi innomimati, così alla buona, per sentito dire e letto, mentre lo Shake-speare italiano cita “puntualmente” e “nominalmente”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 16:55

Spero che Lei sappia chi era Richard Paul Roe.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:14

Mi si spieghi come, linguisticamente parlando, Shake-speare avrebbe mai potuto usare termini come “scorn” (scorns of life-Hamlet); “incarnadine” (Macbeth); “mure” (the mure that should confine it in…Henry IV); “fig” (fare le fiche – Henry IV);”Si fortune me , tormente, spero me contento” Henry IV); “sanctimony”- santimonia – Otello. A proposito, Lei sa cosa si intende per “santimonia”?…

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:22

E poi Le do il benservito: si rilegga il Tito Andronico e ci troverà Giordano Bruno. Non mi venga a dire che lo Shake-spere di Stratford ha pure conosciuto il pensiero di Bruno, perchè farebbe una figura di merda, sit venia verbo.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 17:29

Sono in attesa di una replica “consistente”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 18:03

E poi, già che ci siamo, mi si spieghi “come”, alla fine cinquecento, possa qualcuno aver avuto accesso alle opere del Cinthio , quasi introvabili in Italia e tradotte in Inglese solo nel 1638-40, prima che queste avessero varcato le Alpi: dico degli “Hecatommiti” per non parlare del Decameron, che si sa chi l’abbia tradotto in inglese e n o n e r a s h a k e – s p e a r e, bensì JOHN FLORIO.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 18:26

Shake-speare “messinese” è un “bullshit”. Vero. Ma che Michelagnolo Florio vi abbia dimorato è certo. E Michel Agnolo era un erudito, funambolo della “parola”; un Francescano passato alla Riforma che per ventisette mesi ,incapricciato e in odor di pira, sta mella Fossa a Tor di Nona: ventisette mesi di tortura = Hamlet: “ammazzarsi o non ammazzarsi”. “Essere o non essere”.

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 20:22

Ah, già, poi v’è da spiegare come un terrigno indotto di barcame sappia agevolmente usare termini marinareschi come “brings” fatte d'”oak” and iron; “mortise” e “veronese” e “ragusina” e come sappia “come il regno di Cipro entrò in contatto con i Veneziani” e cosa siano i “bond-slaves”, schiavi della Repubblica di Venezia che aveva ripudiato la schiavitù, ma che usava schiavi remiganti in Adriatic

claudio
claudio
9 Gennaio 2018 20:24

Mi dica.

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:26

Last, but not least: i “drammi storici”. Come può un italicus ore, anglus pectore sapere tanta storia inglese? Lei sa chi era Samuel Daniel? Era uno storico che compilò i 4 “Libri delle suerre civili”. E, allora? Allora, era il cognato di John Florio.

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:32

E chi ha compilato il PRIMO dizionario “Italiano-Inglese” della storia? Due edizioni: “Worlds of Wordes”, 1598/1611? E chi ha tradotto Montaigne PER LA PRIMA VOLTA in Inglese? E chi ha tradotto PER LA PRIMA VOLTA il Decameron in quella lingua?

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:40

Si rilegga il “Riccardo III”, Atto III, sc II: lì c’è una “firma”, eufuistica, ovviamente. Un prete: John e un nome di regina “Margherita”. Cos’è una “margherita”? Prete John più “margherita”= ?

claudio
claudio
10 Gennaio 2018 14:42

In più, subito dopo, c’è uno strano commento di uno “scrivano”, una delle scene in assoluto più corte di tutta la drammaturgia shake-spear-iana.