Le esternazioni di eminenti prelati (dal Cardinal Ruini al Cardinal Bagnasco) su svariati temi che investono le sfere della scienza, dell’etica e della spiritualità hanno sortito in questi ultimi anni per un verso il risveglio di numerose forze anticlericali, sempre presenti nel nostro Paese, determinando la denuncia – da parte di tali forze – di un “problema cattolico” irrisolto in Italia, consistente in “ingerenze” della Chiesa nelle vicende sociali e politiche in qualche misura irrispettose delle norme concordatarie; per altro verso, una levata di scudi, da parte della Chiesa stessa, consistente nella condanna esplicita di una modernità della quale viene registrata, a volte con toni apocalittici, la radicale distanza dai valori e dai principî del Vangelo.

Analogamente, alcuni politici nazionali da tempo dedicano riflessioni al tema della difesa delle radici giudaico-cristiane dell’Europa come unico baluardo contro il montante integralismo islamico, da attuare appoggiando le forze e le nazioni che a ben vedere hanno avuto e continuano ad avere gravi responsabilità per quanto concerne la pace in Medio Oriente, atteso che il disegno strategico-politico di importare la democrazia imponendola a culture che non hanno avuto la medesima storia dell’Occidente si è rivelato fallimentare e controproducente, avendo in pratica sortito l’effetto di spingere sul versante fondamentalista anche coloro che credevano in un dialogo paritetico tra cultura occidentale e cultura islamica. 

D’altra parte, all’interno stesso del Popolo di Dio che costituisce la Chiesa terrena, molti cristiani avvertono forti perplessità ad ingaggiare una battaglia di tipo manicheo contro la modernità tout court per il solo fatto che essa non incarna né veicola lo spirito evangelico, e propendono piuttosto a tenere aperti spazi di dialogo con i “luoghi” della modernità, da essi percepiti come “campi biondeggianti”, come luoghi di evangelizzazione e di proclamazione della Buona Novella.

Come uscire da tale impasse? Dialogo o “guerra di religione”?

Le note che seguono si interrogano sulle radici del messaggio di Gesù per valutare quanto di tale messaggio alberghi nei proclami, nelle scomuniche, nelle prese di posizione rispettivamente assunti dalle forze in campo.

***

Occorre partire da una constatazione, della quale peraltro, come cristiani, non dobbiamo affatto “scandalizzarci”, ed è che la storia del nostro pianeta non sarà mai una storia cristiana, in quanto essa è la storia di una umanità decaduta; essa è, piuttosto, la storia degli uomini nella quale Dio si incarna e in-abita; ma se Dio decide di abitare questa storia, dobbiamo pensare che Egli la abiti con la sua discrezione, con la sua delicatezza, con il suo amore per la nostra libertà.

La Chiesa è il cammino – sempre faticoso e problematico – di questa libertà, la libertà di chi sa di essere figlio di un Padre amorevole e deve quotidianamente verificare e temprare tale sua filiazione insieme a tanti altri fratelli inconsapevoli di tale dono.

Se noi cristiani pensiamo di essere gli unici detentori della verità, ci condanniamo a rimanere senza Chiesa e senza storia e non viviamo il nostro tempo con la liberta della gloria dei figli di Dio.

La storia è il campo in cui siamo chiamati a seminare e a mietere. E come ci insegna il Vangelo, noi non dobbiamo estirpare anzitempo le erbacce bensì farle crescere insieme all’erba buona finché esse siano entrambe sviluppate.

Cosa vuol dire?

Il rapporto tra modernità e rivelazione è un rapporto assai spesso conflittuale. Il “mondo” pratica un approccio di tipo laico-temporale. La gente in genere – anche molti che vengono considerati cristiani – vive in un contesto di “eclisse del sacro”. Si vive cioè, al di là delle manifestazioni meramente esteriori, “prescindendo da Dio” (etsi Deus non daretur, dicevano i Padri della Chiesa).

Nell’approccio cristiano alla verità, invece, la verità rivelata si incarna e si invera progressivamente nella storia. Se si inverasse tutta e subito la storia avrebbe fine.

Nonostante la crisi dei valori il mondo coltiva – oltre che ideologie distorte sull’autosufficienza dell’uomo e dell’individuo (che in tal modo si condanna a non esser mai persona) – anche un sincero anelito verso l’affermazione e la promozione della dignità della persona umana, che è indubbiamente, ne sia esso consapevole o meno, un “lascito” di Dio Padre nel Dna spirituale dell’umanità.

È questo un secondo aspetto della modernità che non si può disconoscere né sminuire né rifiutare; si getterebbe in tal caso con l’acqua sporca anche il bambino.

La consapevolezza che l’uomo è nudo (crollo di tutte le ideologie) non dovrebbe sortire né arroganti affermazioni di integralismo né sterili ripiegamenti sulla tradizione bensì, semplicemente, il raccogliere l’invito di San Paolo a “rivestirsi di Cristo”.

Come ci rivestiamo di Cristo?

Probabilmente ponendoci alla sua sequela, diventando come Lui.

E com’era Lui?

Lui era – è stato, è – un dio che si è fatto contraddizione, che si è fatto peccato. Mi piace pensare a Gesù come a una persona allegra, felice, poetica, tollerante, accogliente, trasgressiva pur di essere vera, di esaltare il primato della persona umana, della dignità umana.

Cosa ha predicato Gesù, cosa ci ricordava sempre Papa Giovanni Paolo II, e cosa ci ricorda quotidianamente lo straordinario Papa che oggi sta a Roma?

Non abbiate paura, siete figli di un Padre Buono, il Regno dei Cieli è vicino, anzi è già qui!

Una religione che fa paura all’uomo è una religione falsa.

La stessa sofferenza non deve essere enfatizzata e caricata di valenze che non le appartengono. Il Cristianesimo non è una religione della sofferenza. La Passione di Gesù vale solo a indicare che l’amore vince su tutto. La salvezza non è frutto della sofferenza, ma di un amore disposto a superare qualunque ostacolo, anche la sofferenza.

Il Regno dei Cieli è qui. Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi, si è impiantato nel cuore della storia dell’uomo. Non dell’uomo bianco occidentale eterosessuale vaccinato e col conto in banca, ma semplicemente “dell’uomo”. Il Regno dei Cieli è la vita vissuta dal punto di vista di Dio

Vivere l’esistenza come Dio la vivrebbe è essere già nel Regno di Dio. Il tempo nuovo è già qui, il tempo nuovo è Gesù.

Per fare pesche miracolose, ce lo insegna Pietro, bisogna mettersi dal punto di vista di Gesù (idem per camminare sulle acque), nella parte destra della barca.

La parte destra nei Vangeli indica sempre i poveri di spirito, gli ultimi, gli emarginati, coloro che non godono della luce della conoscenza di Dio. Sono costoro che Gesù ama innanzi tutto, è per costoro che Egli viene sulla terra, muore e risuscita.

Per ognuno di costoro, smarrito, lascia i novantanove sicuri e va a cercarlo fin quando non l’ha trovato.

Cosa ci dice Gesù attraverso l’intera sua vita?

Assumi il mio modo di vivere e interpretare la storia. Vi ho amato mentre mi tradivate. Vi ho amato quando mi avete rinnegato. Vi ho amato e vi amo. Sempre”.

Dobbiamo vivere intensamente la nostra vita semplicemente per il fatto che ci sentiamo amati.

Il tesoro, la perla, li abbiamo già trovati. 

Quando non c’è la consapevolezza di aver incontrato Dio, il Cristo Gesù, si vivacchia da cristiani.

Digressione: Non voglio un Cristo dagli occhi di gatto

Non voglio per la mia vita / un Cristo di zucchero e miele / mutilato / surgelato / svirilizzato / rassegnato / dagli occhi di gatto / morto e sepolto / salvadanaio/ e monopolio dei preti / parassita / oppio dei popoli.

Voglio per la mia vita / un Cristo umile e mite si / ma anche volitivo e deciso / obbediente al Padre / ma anche libero.

Voglio un Cristo / maestro / pontefice / re.

Voglio per la mia vita / un Cristo / forte / con pupille di lago terso / simpatico / innamorato / risorto / vivo / dinamico / attuale / sollievo delle masse.

Voglio un Cristo / capace di piangere / per il nostro destino / di sudare sangue / di accettare la morte / per tutti e per ciascuno / capace di farsi cibo e bevanda / per tutti gli uomini / di tutti i luoghi / di tutti i tempi.

Voglio per la mia vita / un Cristo capace di infondere / amore sconfinato per chi pecca / ma anche spirito guerriero / contro chi, vestito di autorità / tiranneggia su inermi fratelli.

Voglio un Cristo che sproni / alla sua libertà di spirito / che dica nero al nero / bianco al bianco / pane al pane / vino al vino / un Cristo che scaraventi all’inferno / i diavoli / che scovi le insidie / e schivi le sassaiole / che insegni: “Sia il vostro parlare / si, si / no, no”

Un Cristo che non ci chiami / servi / ma amici.

Voglio per la mia vita / un Cristo / che non ci pensi due volte / a usare la fune / contro chi profana il tempio / a svergognare / gli accusatori dei deboli / a bollare gli ipocriti / scagliando i suoi: “Guai a voi, razza di vipere / volpi / sepolcri imbiancati!”

Voglio un Cristo che prediliga / la pulizia dell’anima / a quella delle mani / l’obolo sofferto della vedova / a chi suona la tromba / per gesto paludato di bontà / il digiuno di chi danza/ e si profuma / alla preghiera sciatta / e disamorata / di chi, dimenticando che la lettera uccide / vorrebbe sostituire / anche l’Altissimo / in fatto di dogma e morale / a carico degli altri.

Non voglio per la mia vita / un Cristo di zucchero e miele / mutilato / surgelato / svirilizzato / rassegnato / dagli occhi di gatto / morto e sepolto / salvadanaio / e monopolio dei preti / parassita / oppio dei popoli.

Voglio per la mia vita / un Cristo Dio e Uomo / via / verità / vita.

Si può concludere provvisoriamente?

Dalle contraddizioni che segnano la storia contemporanea può scaturire una nuova giovinezza della nostra fede. L’esperienza cristiana è stata spesso relegata al rango di galateo (i dieci comandamenti, se formalisticamente vissuti, altro non sarebbero).

Ma, Gesù ce l’ha detto attraverso l’episodio del giovane ricco, i comandamenti sono solo un trampolino che ci serve per tuffarci nel mare della misericordia, della creatività, della libertà, dell’ironia, dell’amore di Dio.

Misericordia, creatività, libertà, ironia, amore che oggi – purtroppo – non hanno sempre grande cittadinanza in un’ampia porzione del “popolo di Dio”. Cosa siamo chiamati a fare dunque?

Guardare al cuore delle idee espresse e non tenersi all’aspetto esteriore. Io, per esempio, non credo che i cosiddetti “teodem” (alla Giuliano Ferrara per intenderci) siano sinceri quando affermano ciò che affermano, perché la loro prassi politica, le loro alleanze, i loro compromessi, tutto indica che essi non sono testimoni di fede ma politici che strumentalizzano la religione. Analogo discorso può essere fatto per molti “cristiani” che propugnano da mattina a sera presunti “valori cristiani” che la loro stessa esistenza smentisce. Anche qui dovrebbe farsi valere il detto evangelico: “li riconoscerete dai loro frutti”!

Come dunque orientarsi?

Ricordiamoci dei falsi profeti dell’Apocalisse.

Che l’unico nostro metro di giudizio sia il Vangelo e la Persona di Nostro Signore Gesù Cristo.

Cosa deve fare dunque un cristiano? 

Resistere con l’intelligenza del cuore.

Testimoniare con l’intelligenza del cuore.

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Marilina Cingari
Marilina Cingari
8 Giugno 2019 8:05

Bellissima riflessione del dott. Tedesco su religione e modernità. Commuovente la storia esemplare di Aimée Carmoz.